Muhammad Ali, Cassius Clay fa guadagnare se non si parla della sua fede musulmana

di redazione Blitz
Pubblicato il 14 Luglio 2017 - 05:40 OLTRE 6 MESI FA
Muhammad Ali, Cassius Clay fa guadagnare se non si parla della sua fede musulmana

Muhammad Ali, Cassius Clay fa guadagnare se non si parla della sua fede musulmana

WASHINGTON – E’ trascorso poco più di un anno dalla scomparsa del leggendario pugile statunitense Muhammad Ali, nato Cassius Marcellus Clay Jr., ma oltre al suo planetario successo nella boxe, il campione viene ricordato come un filantropo, un combattente per i diritti civili, un uomo che ha diffuso quanto più ha potuto la consapevolezza sul morbo di Parkinson.

La parte più significativa della sua identità, ovvero la conversione all’Islam, sembra però trascurata sui vari social media: il viaggio spirituale di Muhammad Ali viene liquidato come un “avvicinamento al mondo islamico”, come scritto su Facebook, Instagram e Twitter, riporta The Tribune.

L’Authentic Brand Group, società con sede a New York che detiene e gestisce il marchio Ali, dopo aver pagato un importo a molti sconosciuto, ha deciso di introdurre la figura del boxer ad una nuova generazione di americani, ovvero coloro che lo hanno conosciuto solo dopo la sua morte.

Nel giugno 2016, il New York Times ha rivelato i piani dell’ABG che riguardano bevande energetiche, compagnie aeree, servizi finanziari, hotel e uno spettacolo a Broadway. Circa 40 marchi hanno già la licenza sul marchio Ali, incluso Adidas, H&M, Dolce e Gabbana e Under Armour.

Recentemente, il mese sacro del Ramadan è passato inosservato sui social media del campione: durante la ricerca, il sito Buzzfeed ha trovato una sola immagine, risalente al 2014, che fa riferimento al credo religioso di Ali. Nonostante sia stato fotografato più volte nelle vesti di musulmano, incluse fotografie in cui bacia il Corano o mostra un giornale con scritto “Allah è grande”, restano poche tracce del percorso religioso del pugilatore.

Sherman Jackson, professore di storia islamica alla University of Southern California, ha raccontato al sito Buzzfeed quanto sia poco conveniente, per le varie compagnie che intendono trarre profitto dalla sua immagine su t-shirts, cappelli e posters, parlare di religione.

E mentre i social media si nutrono del percorso umanitario del campione, poco resta della conoscenza che Ali aveva per l‘Islam, incluso quando si proclamò obiettore di coscienza durante la guerra del Vietnam, perché l’ideologia era assai lontana dagli insegnamenti del Corano.

Per Ali, l‘Islam fu un “ponte” quando si trattò di volare in Iraq per chiedere il rilascio di 15 soldati americani nel 1990, e nuovamente nel 2015, quando chiese all’Iran di liberare l’allora prigioniero Jason Razaian, reporter del Washington Post.

Chi desidera tenere in vita il percorso spirituale di Muahmmad Ali è l'”Ali Center” nato nella sua città, Louisville, Kentucky, che lavora affinché la fede religiosa del boxer non venga dimenticata. “Non vogliamo predicare una religione al posto di un’altra”, spiega Becky Morris, portavoce del centro. “Nei fiumi e nei ruscelli scorre la stessa acqua” dice citando una frase dell’indimenticato campione.

L’importanza dell’Islam nella vita di Ali si può definire con una frase detta dallo stesso pugile: “Essere un vero musulmano è la cosa che più conta al mondo per me. Più dell’essere nero o americano”, conclude The Tribune.