Calcio scommesse, Ilievski: “Andrea Masiello organizzava a Bari”

Pubblicato il 11 Marzo 2012 - 12:01 OLTRE 6 MESI FA

Andrea Masiello (LaPresse)

BARI – Importanti novità sul fronte del calcio scommesse; Giuliano Foschini e Marco Mensurati hanno realizzato per il quotidiano “La Repubblica” un’interessante intervista a Hristiyan Ilievski.

Hristiyan è Ilievski, il principale latitante del calcioscommesse. Lo cerca la polizia, e l’Interpol. Secondo la procura di Cremona è la pedina chiave, l’uomo che avvicinava i giocatori di serie A per “fare le partite”, li contattava tramite intermediari, li aspettava in albergo o nei ritiri con le borse piene di soldi, e li convinceva con le classiche “offerte che non si possono rifiutare”.

Riportiamo alcuni passaggi dell’articolo de “La Repubblica”. 

“Di Bari Hristiyan Ilievski – un metro e novanta, il volto sfregiato dalla guerra, il polpaccio decorato con la faccia Al Pacino in Scarface – ricorda distintamente tre cose: la prima è un ristorante sull’acqua, a Torre a Mare, a pochi passi dal ritiro del Bari. La seconda sono Andrea Masiello e le facce pallide dei giocatori biancorossi prima della combine con il Palermo.

La terza Francesco Prudentino, il numero uno della Sacra Corona Unita, “my big friend” dice mentre azzanna carne in una baita sulle montagne di Skopje. Ilievski è ricercato da tutte le polizie europee: secondo la procura di Cremona è il boss del calcioscommesse, il capo degli “zingari”. Lui invece giura di essere soltanto un grande scommettitore, il più grande d’Europa. E che il suo mestiere è semplicemente quello di comprare informazioni da calciatori infedeli.

La versione di Ilievski: “Io l’unico con cui ho avuto a che fare è stato sempre Andrea Masiello, e mi sembrava uno che aveva le idee molto chiare su quello che voleva e su quello che doveva fare”. Quella con la Samp non è l’unica partita che prova a fare.
“No. Masiello insiste. Mi chiama, ci sentiamo, dice “vieni che facciamo la partita”, porta i soldi, porta i soldi. Io venni a Bari con 300mila euro. Come al solito chiesi di incontrare i giocatori. Mi portarono di nuovo in quell’albergo dove vivevano alcuni giocatori. Per esempio Bentivoglio. Lui doveva essere della partita, ma capì che non era d’accordo. Era terrorizzato. Aveva la faccia bianchissima, Masiello spinse dentro con la forza lui e Parisi. Balbettavano mentre io parlavo. L’unico convinto era Masiello. Non parlavano l’inglese. Io avevo preparato un bigliettino in italiano con le regole del gioco: la consegna dei soldi, il fatto che dovessero perdere con più di due gol, la riconsegna se la cosa non fosse andata in porto. Masiello continuava a dire “ok, ok” quegli altri erano terrorizzati. Chiesi di incontrare anche Marco Rossi che non c’era. Andammo a casa sua, in una strada buia dall’altra parte della città (ndr, Palese). Scese e anche lui era cadavere. Gli demmo i soldi, secondo me non capì una parola di quello che abbiamo detto”.

Poi?
“Poi andai a Palermo e capii subito che la mia sensazione era giusta. La partita la stava giocando solo Masiello e secondo me non solo con noi: ripeto, a Bari ci sono altri gruppi di scommettitori. C’è la mafia. Altro che Zingari. Io conosco bene anche Bellavista: lui secondo me sa tante cose, chiamava, ci diceva di avere le partite, ma non aveva i soldi, si presentava a scommettere con gli assegni, come li chiamate in Italia? Quaquaraqua”.

Torniamo a Palermo.
“Io sono al campo. Bentivoglio segna. Parisi è il migliore in campo. Solo Masiello non gioca quella partita. Chiamo Singapore quando il Bari segna l’1-0 e mi copro la scommessa almeno per non perdere i soldi: dico giocate la vittoria del Palermo secca e l’over. Poi c’è il rigore, Padelli, il portiere, non c’entrava niente. È un caso che Miccoli lo tira così”.