Calcio, santone e prete in panchina, presidente Mantova non sa più a che santo votarsi

Pubblicato il 8 Ottobre 2009 - 20:32 OLTRE 6 MESI FA

Il presidente del Mantova, Fabrizio Lori

Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio. Ormai nel calcio non basta più l’abilità dei giocatori, allora meglio affidarsi ad un sensitivo. L’idea è di Fabrizio Lori, stravagante presidente del Mantova.

Il patron virgiliano, evidentemente, non crede alla svolta del Mantova sul campo con la prima vittoria in campionato con il Grosseto se lunedì scorso. Così due giorni dopo la partita ha presentato alla squadre il nuovo collaboratore che, per la sua mise e i suoi compiti, si vocifera da motivatore, è già stato soprannominato il santone.

«È un medico molto bravo», si era limitato a dire il presidente presentandolo ai giocatori e allo staff tecnico, invitando tutti alla massima discrezione. Discrezione che i tifosi sembrano invece non conoscere, visto che si sprecano le battute su questo strano personaggio, che si presenta vestito di nero con bracciali e anelli. Ma che soprattutto parla ai giocatori di negatività da scacciare.

Si dice sia sudamericano, forse uruguayano, si chiami Julio e abbia avuto in passato collaborazioni con importanti club calcistici europei. «Non mi piacciono le facili ironie fatte sul tema , io non ci trovo nulla di strano in quella presenza», aveva commentato subito l’allenatore Serena, confermando che la società, sull’argomento, ha chiesto a tutti il massimo riserbo.

Ma a Mantova sono ben avvezzi alle bizzarrie del presidente Lori, imprenditore nel settore dei pannolini. Già con Di Carlo in panchina, fece sottoporre la squadra all’esame di un sensitivo e a sedute di pranoterapie, tutte con ottimi risultati se si considera come andava il Mantova sul campo allora rispetto ad oggi.

Ma la vera particolarità del Mantova si chiama don Giorgio, il padre spirituale dei biancorossi, gran tifoso e soprannominato Padre ciabatta, legato da profonda amicizia alla famiglia del presidente, che non si perde una partita in casa dei biancorossi. Non dalla tribuna, però, bensì dalla panchina. Perchè una benedizione non fa mai male, anche nello sport.