Calcio scommesse. Sculli e il “cecato”: spunta Carminati, Banda della Magliana

Pubblicato il 30 Maggio 2012 - 09:50| Aggiornato il 22 Aprile 2020 OLTRE 6 MESI FA

Giuseppe Sculli

ROMA – Che la malavita cerchi di infiltrarsi nel mondo del calcio, non è un segreto: leggere che tra le frequentazioni del giocatore del Genoa Giuseppe Sculli ci fosse anche quel Massimo Carminati noto come il “cecato”, punto di raccordo secondo Maurizio Abbatino, tra eversione di destra e Banda della Magliana, apre interrogativi inquietanti. Anche perché è solo una delle tante relazioni pericolose intessute da Sculli: il quale, in quanto nipote di Giuseppe Morabito detto “Peppe Tiradritto”, considerato boss della ‘ndrangheta, gode in certi ambienti del massimo rispetto. Al punto che alcuni pregiudicati in vena di confidenze e ammissioni ritrattano offesi e sdegnati al solo pronunciare il suo nome.

Massimo Carminati, il “nero” della mitologia della Magliana, appare di striscio, Sculli era seguito e intercettato per le presunte combine, gli investigatori sono messi in allarme da una telefonata con un’utenza intestata a una signora algerina incensurata. Quello che Sculli chiama “fratellino” o “Giò” non è evidentemente la signora: i due si danno appuntamento all’Hotel degli Aranci a Roma (il 18 maggio 2012 c’è Roma-Genoa, Sculli non è convocato ma si aggrega alla squadra), ma al dunque gli investigatori si accorgono che da una Suzuki scende Massimo Romano Papola, massaggiatore della Lazio.

Su La Stampa vengono ricordati gli appunti dei poliziotti dello Sco su Papola: “Ha avuto 15 contatti con l’utenza in uso al giocatore Mauri, tutti registrati il 16 maggio 2011”, cioè il giorno della presunta combine Lazio-Genoa. C’è di più: poco dopo, davanti all’Hotel degli Aranci, si presenta una Smart di cui i poliziotti prendono il numero di targa. E’ la stessa che risulta intestata a un pluripregiudicato romano. Qualche mese prima, la stessa vettura è stata fermata e controllata dalle forze dell’ordine: a bordo ci sono Massimo Carminati e un campione di classe B di kick boxing: quest’ultimo, Carlo De Giovanni, “immune da pregiudizi di polizia è l’uomo che si è incontrato con Sculli”.

“Posso essere anche amico di Bin Laden ma non vuol dire che faccio le cose di un uno o dell’altro”, si è difeso senza troppi patemi Sculli con l’intervistatore della Stampa che chiedeva spiegazioni. Dall’ordinanza della Procura è emerso che lo stesso giocatore, è la tesi della Procura,  abbia incaricato il pregiudicato bosniaco Altic (è stato in carcere per traffico di stupefacenti, spalleggerebbe la cosca siciliana dei Fiandaca specializzata in usura) di rastrellare un’ingente somma di denaro da puntare sulle partite addomesticate.

“Sculli è uno di noi” giurano gli ultras del Genoa che gli risparmiano l’umiliante svestizione della maglietta: uno di noi, come l’amico capo ultras Massimo Leopizzi, presente al summit della presunta combine, noto per aver cercato di uccidere la moglie e per aver partecipato a un’altra combine nel 2005, un Genoa-Venezia che costò la retrocessione ai rossoblu. E d’altra parte, ha sottolineato il Gip dui Cremona Salvini, “giova rappresentare che Sculli è già implicato in alterazione di eventi sportivi”. Come no, quando il nipote preferito di “Tiradritto” giocava a Crotone e fu pizzicato e squalificato, per una combine con il Messina.