Fifa, “marcia trionfale” di Blatter tra scandali e mazzette

Pubblicato il 1 Giugno 2011 - 11:16 OLTRE 6 MESI FA

Sepp Blatter (foto LaPresse)

ZURIGO – L’elezione avverrà nel pomeriggio di mercoledì uno giugno. Per il pluri-presidente della Fifa Sepp Blatter, però, sarà una formalità. La carica di presidente è sua dal 1998 e lo sarà fino al 2015. Poi basta, ma solo perché è stato lo stesso Blatter a decidere così: dal 2015 si godrà la “meritata” pensione da invincibile, come quei grandi campioni di scacchi che abbandonano l’attività prima che un giovane avversario sia in grado di fargli abbassare il prezioso re.

Blatter vince perché corre senza avversari. Fino qualche giorno fa ce n’era uno: si chiama Mohamed Bin Hammam ed è il manager del Qatar decisivo per assegnare all’emirato il mondiale del 2022. Il sospetto, però, è che la decisione, più che frutto di una ponderata decisione tecnico-sportiva sia stata indotta a suon di mazzette. Risultato: a due settimane dall’elezione la Fifa apre un’inchiesta interna e sospende l’avversario di Blatter. Che così sulla scheda che deve eleggere il “nuovo” presidente della Fifa troverà stampato solo il suo nome. Elezioni mono-candidato: roba da regime totalitario davanti a cui i manager della Fifa non battono ciglio.

Gli unici a dire che forse era il caso di rimandare ed evitare un voto-farsa che potrebbe addirittura prevedere il grottesco rituale dell’acclamazione, sono stati gli inglesi e gli scozzesi. Loro qualche conto aperto (si veda il Mondiale 2015 dato alla Russia invece che all’Inghilterra) con Blatter ce l’hanno. C’è un piccolo particolare: per rimandare l’elezione servirebbe la richiesta di altre 152 federazioni, il 75% del totale. Richiesta che non arriverà: tutti si piegano al signore della Fifa. Lo fa anche l’Italia che pure Blatter non ama e da Blatter non è amata. La riflessione più lucida, sul tema, la fa Fulvio Bianchi su Repubblica: “Peccato, era l’occasione per prendere le distanze da un certo mondo”. Occasione persa, manco a dirlo. I tedeschi, invece, più che Blatter puntano al Qatar e nella mattinata di mercoledì hanno chiesto una revisione delle procedure di attribuzione del Mondiale.

Inutile dire che qualcosa di strano c’è: il Qatar vince l’assegnazione dei Mondiali 2022 nonostante qualche “lieve” dubbio degli esperti. Quali? Innanzitutto, ma è il meno, è un Paese senza nessuna tradizione calcistica  e senza impianti adeguati. Era vero così anche per il Sudafrica ed è andata abbastanza bene, si può lecitamente obiettare. Vero. Ma è altrettanto vero che, da che mondo è mondo, i Mondiali si giocano a giugno-luglio, quando le temperature medie in Qatar sono di 40 gradi all’ombra. Clima sconsigliato anche per 10 minuti di jogging ma che non ha impressionato i manager della Fifa. Del resto non devono giocare loro e poi sono già partiti i progetti più o meno fantascientifici per “climatizzare” gli stadi.

Fatto sta che passa qualche mese ed arrivano le prime voci di mazzette: soldi, secondo le accuse, dati ai rappresentanti di diversi Paesi per spingere la candidatura dell’emirato. Nell’occhio del ciclone finisce Bin Hamman, principale artefice della vittoria del Qatar. Blatter, invece, per ora rimane a margine di tutto. Non vedere, non sapere, non esserci. I paradossi del voto non mancheranno: per Blatter finiranno per votare anche i Paesi di Bin Hamman. Fulvio Bianchi è esplicito: “E vedrete che l’inchiesta ai suoi danni finirà nel nulla”.

Il manager Blatter. Il “padrone” della Fifa è tale soprattutto per un motivo, i soldi. Dal 1998 a oggi, infatti, il mondo del pallone continua ad aumentare i fatturati, senza conoscere l’ombra di una crisi. Spiegano Maria Luisa Colledani e Luisa De Franceschi sul Sole 24 Ore: “Blatter ha fatto del calcio un prodotto a uso e consumo della società globale: «In questa crisi mondiale, il calcio tira ancora». E va governato con il bastone e la carota, con contabilità “creativa” e segreti. Non ultimo quello sul suo stipendio, il cui ammontare è noto solo per il 2003: 1,6 milioni di euro circa (da arrotondare semmai in eccesso), più dell’allora segretario generale dell’Onu Kofi Annan. Sul tema, nessuna smentita, solo una risposta piccata: «Rispetto ai manager delle quotate, il mio salario è quello di uno scolaretto»”.

Anche sullo stile Blatter il giudizio del Sole è preciso: “Governa come un signore da basso impero: panem et circenses, dare poco a tutti, negare sempre, negare tutto, continuare a bere il suo caffè amaro ogni mattina, con cinque lingue in testa e farsi la rassegna stampa prima che i possibili sfidanti alzino la mano. Ed è ancora lì. Questa sera, (dopo l’ennesima rielezione, ndr) invece del solito caffè, un calice di champagne”.