Il “Corriere”: pollice verso su Totti. La “Stampa” invece gli dà il “cinque”

Pubblicato il 20 Aprile 2010 - 17:28 OLTRE 6 MESI FA

Il pollice verso di Francesco Totti

Un gesto, il pollice verso, e tante polemiche. Anche a distanza di due giorni dal derby della capitale, finito con la vittoria per 2 a 1 dei giallorossi, il pollicione di Francesco Totti continua a far discutere e chiama alla riflessione due delle penne più raffinate del giornalismo italiano, Aldo Grasso del Corriere della Sera e Massimo Gramellini della Stampa.

I due dedicano a Totti le loro riflessioni e lo fanno esprimendo posizioni lontane e inconciliabili perchè di fondo c’è una diversa visione del calcio che Grasso sembra voler caricare di una sorta di “mission pedagogica” mentre Gramellini vuole restituire alla sua dimensione squisitamente ludica.

Scrive il vicedirettore della Stampa, dopo essersi chiesto “cosa avrà mai fatto il Pupone per scatenare le polemiche di mezza Italia” che quello di Totti non è stato “un comportamento da sportivo. Ma da tifoso sì. Il tifo è la rivisitazione delle nostre infanzie. Una seduta pubblica di psicanalisi, tollerata finché qualcuno non si mise in testa che gli sfottò dei tifosi fossero la causa scatenante delle violenze degli ultrà. Che è come imputare i delitti di un serial killer alle zingarate di «Amici miei».

Per Grasso, invece, il gesto del capitano della Roma è stato “infantile, inopportuno, non degno di un grande campione”. Se ci siano state o meno provocazioni da parte degli avversari per il giornalista non è rilevante perchè “un capitano si dimostra tale solo se è superiore a queste bassezze”.

Insomma Grasso reintroduce il tema del “calciatore esempio”, l’atleta carico di responsabilità perchè i suoi comportamenti incidono sulla gente. Una visione, questa, respinta seccamente da Gramellini secondo cui “per non eccitare la suscettibilità di gente manesca e disperata a cui andrebbe semplicemente vietato di riunirsi in club organizzati, si pretende di trasformare il calcio in una palestra di buoni sentimenti, estirpando quell’effetto di macchina del tempo che ci permetteva di andare allo stadio per evadere dalla realtà con lo sberleffo malizioso del bambino”.

Che ad essere in ballo non siano solo i pollici di Totti ma una visione complessiva del calcio lo si vede da come Gramellini e Grasso proseguono i loro pezzi. Il giornalista della Stampa, con fare divertito, evoca una carrellata di sfottò da derby, presi soprattutto dalle sfide tra Torino e Juventus. Ci sono le “corna” di Maresca e la vecchia abitudine del granata Pulici di “pulirsi le scarpe su uno striscione che raffigurava una zebra”. Eppure, spiega Gramellini: “Nessuno azzardò mai un nesso tra quei gesti e l’uso di spranghe e motoseghe”.

Anche Grasso procede con una carrellata, seppure decisamente meno divertente e divertita. Il giornalista del Corriere della Sera ricapitola una serie di “incidenti” della vita sportiva di Totti, dalla manata a Colonnese ( pagata con cinque giornate di squalifica) fino al “solito” sputo al centrocampista danese Poulsen. Perchè per Totti il diritto all’oblio sembra non valere e ogni volta che si discute sul capitano della Roma riesce fuori lo sputo di quel maledetto campionato europeo. E anche Grasso non resiste alla tentazione di ricordare quel gesto in Italia – Danimarca, messo là, avulso dal contesto e soprattutto senza riassumere minimamente quanto accadde prima e dopo lo sputo, ovvero le provocazioni di Poulsen, le scuse di Totti e le dichiarazioni di Carlo Ancelotti quando, qualche anno dopo il fattaccio da allenatore del Milan si ritrovò contro lo stesso danese in una partita di Champions League e a fine garà sbottò: «Poulsen è un codardo, quello che ha fatto è una riabilitazione per Totti».

Grasso questo non lo ricorda e forse ignora, e del resto non è una colpa capitale, che a Roma dei pollici di Totti si discettava già da una settimana. Perchè il capitano aveva fatto la stessa identica cosa anche dopo il derby di andata e chiunque abbia acceso una delle tante radio locali che di Roma e Lazio parlano dalle 0 alle 24 sette giorni su sette sa che i laziali quel gesto non l’avevano digerito e avevano provocatoriamente sfidato il capitano giallorosso a ripeterlo convinti che i biancocelesti avrebbero fatto alla Roma lo sgambetto fatale per il titolo. Risultato: lo sgambetto è fallito e i pollici sono spuntati di nuovo fuori. È uno scandalo? No, è il calcio bellezza.