Gaucho Toffoli: bidone e bomber. Sbagliò, segnò e parò rigori

di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 21 Marzo 2016 - 11:42 OLTRE 6 MESI FA

“È morto Gaúcho Toffoli, te lo ricordi?”. “Come no, quel bidone”, ti rispondono a Lecce. “Come no, che bomber”, ti rispondono a Rio de Janeiro. Perché Luis Carlos Toffoli era tante cose ma certo non un prodotto da esportazione. Prendi i calci di rigore: al Maracanã gli fecero scrivere una pagina di storia del calcio brasiliano, al Via del Mare un tiro dagli undici metri lo consegnò agli archivi di “Mai dire Gol”.

Se lo è portato via un tumore alla prostata la sera di giovedì 17 marzo, a São Paulo. Aveva 52 anni, faceva l’attaccante. Era stato una bandiera del Flamengo, uno molto amato anche al Palmeiras. Aveva indossato anche le maglie del Gremio e del Fluminense. Il Boca Juniors lo aveva noleggiato dal Flamengo per sostituire Batistuta in due finali scudetto. Era alto 1 metro e 82 centimetri per 82 kg di peso forma ed era nato il 7 marzo del 1964, a Canoas, area metropolitana di Porto Alegre, provincia di Rio Grande, la più meridionale del Brasile.

Era un centravanti forte fisicamente, bravo a colpire di testa, tutt’altro che brasiliano con i piedi. Sarebbe rimasto un idolo locale, come Carlos Palermo al Boca, e in Italia non ce lo ricorderemmo se non fosse per il suo sfortunatissimo passaggio al Lecce. Con la squadra giallorossa Gaúcho (da pronunciare con l’accento sulla u, alla brasiliana) si allenò per meno di 3 mesi, giocando 5 partite di cui 3 da titolare, per un totale di 299 minuti, zero gol e, soprattutto, un rigore sbagliato che lo consegnerà suo malgrado al pantheon dei bidoni del campionato italiano.

Prima di arrivare a quel rigore, è doverosa una premessa sul Lecce dei record. Parliamo della squadra che nel campionato 1993/94 riuscì ad abbattere tutti i primati negativi. Con 11 punti – frutto di 3 vittorie, 5 pareggi e 26 sconfitte, con 28 gol fatti e 72 subiti – quel Lecce stabilì un record negativo di punti nei campionati a 18 squadre. Arrivò ultimo avendo la peggior difesa, il peggior attacco e ovviamente la peggior differenza reti; il maggior numero di sconfitte in casa, in trasferta e complessive; il minor numero di vittorie in casa, in trasferta e complessive. Persino il minor numero di pareggi.

Nel crepuscolo della presidenza di Franco Jurlano, vulcanico filibustiere che aveva condotto il Lecce per 13 campionati di serie B e 5 di serie A, il ds Mimmo Cataldo cercava un altro Pedro Pablo Pasculli, possibilmente a costo zero. Trovò il povero Gaúcho. Il 10 agosto 1993 la Gazzetta dello Sport titolò in prima pagina: “Lecce, Toffoli firma”. Sotto un catenaccio che a Toffoli sarà rinfacciato dagli storiografi del calcio italiano appassionati di “bidonistica”: “Ha 29 anni, dice di aver segnato 440 gol”. E in quel “dice” c’è già tutta la diffidenza che accompagnerà la brevissima incursione italiana del Gaúcho.

Quella dei 440 gol, forse fatta circolare dal procuratore, è una balla. Ma Toffoli non era una balla di calciatore. E qualche motivo i tifosi del Palmeiras e del Flamengo, due delle più quotate squadre brasiliane, dovranno pur averlo per essergli così affezionati. Incrociando le fonti, si ottengono alcuni dati certi. Il sito Futebol 80 conta che Luis Carlos Toffoli detto Gaúcho abbia segnato in carriera 172 gol, tutti in Brasile. Prima di arrivare in Italia, fra il 1985 e il 1993, ha segnato 9 gol con il XV de Piracicaba, 11 col Santo André, 2 col Gremio, 31 col Palmeiras e 98 col Flamengo.

Fra il 1990 e il 1993 giocò 200 partite segnando 98 gol col Flamengo, risultando il 20° bomber di sempre nella storia dei rossoneri, squadra con la quale vinse il Campionato Cariòca nel 1990, la Copa do Brasil nel 1991 e il Campeonato Brasileiro (la serie A brasiliana) nel 1992. Non solo: nel 1990 e nel 1991, per due anni consecutivi come Romario e Bebeto prima di lui, fu capocannoniere del Campionato Carioca con 14 e 17 gol. Nel 1991 fu capocannoniere della Copa Libertadores (8 reti) e della Supercopa Libertadores (3 reti, di cui 2 al River Plate nei quarti di finale). Sempre nel 1991, a luglio, Gaúcho fu preso in prestito dal Boca Juniors per sostituire l’infortunato Batistuta nella finale (andata e ritorno) fra il Newell’s vincitore del Torneo di Apertura e il Boca vincitore del Torneo di Clausura. Un tifoso del Flamengo gli ha dedicato questo video-tributo con tutti i suoi gol più importanti in rossonero. Segue una parziale Gaucho-story in 11 immagini:


La sera dell’8 settembre 1993
Toffoli sta per compiere un mese in giallorosso. Ci sta che un giocatore della sua stazza non sia ancora entrato in forma. Ci sta che abbia saltato le prime due partite di campionato e ci sta che il Lecce le abbia perse entrambe, tra l’altro solo per 1-0. La prima in casa con il Milan stellare di Capello, che aveva vinto gli ultimi due scudetti, e che a fine stagione farà tris, andando poi a sbaragliare per 4-0 il Barcellona nella finale di Coppa dei Campioni. La seconda sconfitta arriva fuoricasa col Parma di Nevio Scala, che aveva vinto la Coppa delle Coppe e che in quella stagione vincerà la Coppa Uefa arrivando in finale in Coppa delle Coppe, in semifinale in Coppa Italia, quinto in campionato.

Alla terza al Lecce tocca un derby col lanciatissimo Foggia di Zeman. Gaúcho parte titolare e dopo 12 minuti ha l’occasione per segnare il suo primo gol italiano. Per un fallo di mani di Di Bari l’arbitro fischia calcio di rigore per il Lecce. Toffoli è sempre stato rigorista e la sua storia calcistica, come vedremo, è segnata dai calci di rigore. Il suo marchio di fabbrica è rincorsa corta e destro di potenza. Racconta il suo compagno di squadra Stefano Trinchera che in allenamento Toffoli calciava i rigori così forte che il portiere Gatta si scansava per la paura.

Ma quella volta va tutto storto. Gaúcho prende la solita rincorsa corta, ma al momento di calciare ha un ripensamento “E se facessi il cucchiaio?”. Va detto che all’epoca non era ancora arrivato Totti e quel rigore non si chiamava ancora né “cucchiaio” né “scavetto” ma “rigore alla Panenka“. Al Gaúcho non riesce niente di tutto questo. Scava e scucchiaia così tanto che con la palla prende anche un pezzo di terra. Ne viene fuori un tiro loffio e centrale. Franco Mancini, già tuffatosi alla sua destra, ha tutto il tempo di cambiare idea, rialzarsi e parare, addirittura bloccando la palla.

Nella ripresa Toffoli ci riprova con un altro pezzo del suo repertorio, il colpo di testa. Su una palla scodellata da metà campo da Melchiori il Gaúcho, al limite dell’area e di spalle alla porta, salta e inzucca in torsione con una vigorosa capocciata. La mano di Mancini arriva a togliere il pallone sotto alla traversa, vicino all’incrocio dei pali. Sul calcio d’angolo successivo la palla balla nell’area piccola. Irrompe Toffoli con il petto, poi per bruciare sul tempo i difensori foggiani non aspetta che la sfera scenda ad altezza piede: sferra un high-kick da muay thai spedendo il pallone in curva.

Il Lecce di Sonetti, quel Lecce dove gioca il Gaúcho, è una squadra da lotta retrocessione ma non da record come sarà il Lecce di Rino Marchesi da un certo punto della stagione in poi. Finché c’è Nedo il Lecce, con tutti i suoi limiti, non straperde, una volta stravince (5-1 con l’Atalanta), e riesce nell’impresa di pareggiare con la Juventus per 1-1, passando anche in vantaggio. Sonetti viene esonerato dopo una sconfitta con 2-1 in casa della Cremonese, peraltro grazie a un rigore inesistente. A quel punto il Lecce ha 4 punti frutto di una vittoria, 2 pareggi, 8 sconfitte, 11 gol fatti e 16 subiti. Con Marchesi farà 7 punti: 2 vittorie, 3 pareggi, 18 sconfitte; 17 gol fatti, 56 subiti.

Dopo la disastrosa prima col Foggia Sonetti fa giocare al Gaucho altri 210 minuti. Quattro giorni dopo lo fa entrare a 10 minuti dalla fine con la Sampdoria, a Marassi. Il Lecce ha appena subito il gol del 2-1 da David Platt e Toffoli non cambierà la partita. Una settimana dopo, a Piacenza, il Gaúcho parte titolare e gioca tutta la partita in un attacco a 3 con Morello e Baldieri. Finisce 2-1 per gli emiliani con il Lecce che subisce per tutti i 90 minuti.

Alla sesta di campionato i giallorossi fanno il primo punto bloccando la Juve sull’1-1. Gaúcho guarda tutto il match dalla panchina. Una settimana dopo rientra in campo, ma solo perché Baldieri (l’unica punta) si è infortunato. Nei 40 minuti che gioca a Udine è spettatore dei due gol dei friulani e del gol del Lecce, segnato di testa dal generoso Rosario Biondo, difensore.

Dopo la pausa-Nazionale il 17 ottobre Gaúcho è di nuovo titolare, perché Baldieri è ancora rotto. Dopo 10 minuti Padalino si catapulta nell’area del Genoa, scontrandosi con portiere e difensore. La palla, come in una mischia di rugby, scivola a lato. La porta è vuota. Gaúcho e il portiere Berti la inseguono. Il brasiliano ha un leggero vantaggio, ma lo perde scivolando. Quando arriva a calciare, Berti ha recuperato. Toffoli potrebbe: fintare il tiro e rientrare; proseguire e provare a superare Berti o farsi atterrare; provare il pallonetto; tirare forte. Sceglie l’ultima opzione, perché ha troppa rabbia in corpo per ragionare. È la mossa più scontata: Berti riesce a intercettare il tiro. È l’ultima occasione per Toffoli di segnare un gol in Italia. Scompare fino al 70′, quando viene sostituito fra i fischi fragorosi di tutto il Via del Mare.

Qualche giorno più tardi, con la rescissione del contratto, finirà la sua esperienza italiana. Breve ma micidiale per la sua carriera di calciatore. Tornato in Brasile rende meno amaro il suo tramonto con altri 21 gol segnati fra il 1994 e il 1995: 11 con l’Atletico Mineiro, 9 col Ponte Preta e 1 col Fluminense. Nel Mineiro ritrova il suo grande amico, un altro attaccante brasiliano che Italia sarà classificato come bidone da antologia: Renato Portaluppi, che in Brasile, guarda un po’, tutti chiamano Renato Gaúcho. Oltre alla capigliatura e al cognome italiano Toffoli condivide con Portaluppi il gusto per le goliardate e per la vita notturna. Racconta lui stesso a Terceiro Tempo: “Insieme eravamo un attacco devastante… devastante di notte”. L’ultima sua squadra sarà l’Anapolis, nel 1996. Lascia il calcio giocato quando non ha ancora compiuto 32 anni. Nel 2001 fonda il Cuiabà Esporte Clube, facendo da presidente e allenatore. Fonda anche una scuola calcio che porta il suo nome.

Ma non possiamo archiviare la vicenda calcistica del Gaúcho Toffoli senza ritornare sul luogo del delitto: il dischetto del calcio di rigore. Cinque anni prima di quella serata tremenda al Via del Mare di Lecce, Toffoli ne visse una magica al Maracanã di Rio de Janeiro. Giocano contro i rossoneri del Flamengo, padroni di casa e i biancoverdi del Palmeiras di Sao Paulo. Toffoli è una bandiera del Flamengo, ma ha lasciato un buon ricordo anche al Palmeiras, dove ha segnato 31 gol.

Quella sera di venerdì del 18 novembre 1988 Gaúcho indossa la maglia verde del Palmeiras, e contro la squadra con la quale vivrà i suoi anni migliori fa qualcosa di eccezionale. Al 50′, sul punteggio di 1-1 il portiere Zetti si infortuna, ma i paulisti hanno finito le sostituzioni. Gaúcho non ha paura di indossare la casacca del goleiro, e non si perde d’animo neanche quando, alla prima occasione utile, il Flamengo con Bebeto segna il gol del pari. Si resta sull’1-1 fino al novantesimo minuto. Ma quell’anno il Campionato Brasileiro (la serie A) ha una regola per rendere ancora più emozionanti le partite: se si finisce pari, si va ai rigori.

Nessuno crede a Gaúcho quando a un giornalista che lo intervista in diretta promette: “Vou pegar“, che i rigori lui li parerà. Quando tocca ad Aldair (sì, è l’Aldair della Roma, campione del mondo 1994) il tiro è potente, angolato e a mezz’altezza. Gaúcho fa un passettino alla sua destra prima di tuffarsi e parare. Poi, sempre con la maglia da portiere, Toffoli va a calciare il suo rigore. La rincorsa è sempre corta, ma il destro potente a incrociare non ha niente a vedere con la scucchiaiata timida che Gaúcho tirerà cinque anni più tardi in Italia. È gol. E non è ancora finita.

Toffoli è stato bucato due volte dai rigoristi del Flamengo quando sul dischetto degli undici metri si presenta Zinho, il numero 11. È un mancino che sceglie di piazzare la palla col piatto, ma prende una rincorsa lunga per colpire anche con forza. Gaúcho fa di nuovo un passo alla sua destra quando parte il tiro. Quando arriva, un po’ più alto e angolato di quello di Aldair, Gaúcho lo intercetta in tuffo. Finisce 5-4 per il Palmeiras.

Le maglie verdi sommergono Gaúcho. A tirarlo fuori dal mucchio (guarda il video qui sotto) arriva il giornalista al quale ha promesso che avrebbe parato i rigori. “Attaccante, portiere, hai fatto di tutto in questa partita”. “Io voglio giocare, voglio solamente giocare”.

 

TEMPI SUPPLEMENTARI. In questa seconda gallery trovate una Gaùcho-story più completa: lo vediamo giovane; vecchio; trionfante con la maglia del Flamenco; ingrassato e abbracciato con un altrettanto ingrassato Zico; con la maglia del Boca Juniors; del Lecce. In una stupenda foto in bianco e nero indossa una maglia con una scritta molto significativa: PENALTY.