Marco Pantani, famiglia chiede il Giro d’Italia del 1999

di Spartaco Ferrretti
Pubblicato il 24 Marzo 2016 - 07:40 OLTRE 6 MESI FA
Marco Pantani, famiglia chiede il Giro d'Italia del 1999

Marco Pantani, famiglia chiede il Giro d’Italia del 1999

MILANO – Marco Pantani, famiglia chiede il Giro d’Italia del 1999. “Quel Giro meritava un’altra fine, meritava la fine vera: la vittoria di Pantani”: così l’avvocato della famiglia Pantani Antonio De Rensis, durante la presentazione del libro “Pantani è tornato” di Davide De Zan, chiede di attribuire il Giro d’Italia del 1999 a Marco Pantani. “La corsa ‘lecita’ è finita il 5 giugno. Mi aspetto che da domani – aggiunge l’avvocato De Rensis – la Federazione chieda di vedere le carte. A quel punto non saremo i soli a chiedere che venga riscritto quel Giro. Lasciare in pace Marco? Certo, ma avendogli dato giustizia e libertà. Dobbiamo ridargli ciò che gli è stato strappato”.

“Il codice di giustizia della Federazione ciclistica non prevede la prescrizione, come non è prevista dalla normativa antidoping. Ma prevedono una revisione in casi di anomalie e di illeciti. Come in questa situazione”. L’avvocato della famiglia Pantani, Antonio De Rensis, elenca gli estremi per cui è possibile attribuire il Giro d’Italia del ’99 a Marco Pantani. “Mi piacerebbe che gli organismi Federali chiedano di vedere le carte. Spero che anche il presidente del Coni Malagò mi chieda di avere spiegazioni su tutta questa vicenda”.

Alla presentazione del libro c’era anche Tonina Pantani, la mamma di Marco, che ha letto una toccante lettera che le scrisse il figlio.“A Campiglio la Madonna non c’era quel giorno e ho pagato un prezzo che il mio ben che duro carattere non sopporta. Una macchia indelebile non troppo sincera. Sono con la coscienza, per ciò che è Campiglio, pulito. E ciò fa male ancora di più”.

Tonina Pantani non riesce a leggere la lettera di suo figlio. La cede a Davide De Zan, giornalista che ha pubblicato la storia del ‘Pirata’ nel libro “Pantani è tornato”, presentato oggi in centro a Milano. Tonina si commuoverebbe, perché c’è troppo dolore in quel 5 giugno del 1999 quando Pantani è stato fermato per valori di ematocrito superiori al consentito. “Sono stato un pessimo bambino. Un selvaggio e a volte furbo. Ma la bici – scrive Marco nella sua lettera – mi ha portato a conoscere la legge del dare e del raccogliere. Sono diventato discretamente onesto, la mia carriera è stata molto spezzettata dal mio poco feeling con la fortuna. Ma mi sono ritagliato con coraggio e sacrificio non tanto il danaro, ma un po’ di quella giusta gioia ma anche questa subito compressa dal mio personaggio che cresceva e convinceva”. In queste parole c’è tutto il conflitto interiore del Pirata: un ciclista stoico che ha emozionato e scritto la storia, un uomo fragile che si è sorpreso tradito.

Ciò che è accaduto durante la corsa rosa del 1999 non è ancora stato chiarito. La procura di Forlì ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta su un presunto intervento della Camorra contro Marco Pantani. Nonostante i magistrati abbiano definito: “credibile che reiterate condotte minacciose ed intimidatorie siano state effettivamente poste in essere nel corso degli anni e nei confronti di svariati soggetti coinvolti”. La famiglia Pantani non si vuole arrendere soprattutto dopo che è stata resa pubblica l’intercettazione di un detenuto vicino alla camorra in cui per cinque volte risponde ‘sì’ alla domanda su un eventuale coinvolgimento mafioso. “Dopo quello che è uscito- annuncia Tonina Pantani – voglio andare fino in fondo e vedere in faccia le persone che hanno distrutto mio figlio. Non mi accontento. Ho saputo una cosa che immaginavo. Sono molto arrabbiata perché non ho visto e non ho sentito nessuno, né amici di squadra né Federazione. Nessuno. Vuol dire che hanno qualcosa da nascondere? Se io sono pulito e non ho niente da nascondere, una telefonata, un qualcosa lo faccio. Allora mio figlio vuol dire che non interessa a nessuno?”. Le conclusioni a cui è giunta la Procura di Forlì non possono bastare “è un contentino”, afferma la madre del Pirata.

C’è una lotta da portare avanti, quella di riabilitare Marco Pantani sia come uomo che come sportivo. “Quel Giro meritava un’altra fine, meritava la fine vera: la vittoria di Pantani”, annuncia l’avvocato della famiglia Antonio De Rensis. Riscrivere la storia sportiva per ripagare almeno in parte l’atleta. “La corsa ‘lecita’ è finita il 5 giugno. Mi aspetto che da domani la Federazione chieda di vedere le carte. A quel punto non saremo i soli a chiedere che venga riscritto quel Giro. Lasciare in pace Marco? Certo, ma avendogli dato giustizia e libertà. Dobbiamo ridargli ciò che gli è stato strappato”.