Spalletti, esordio solo pari. Castan e Dzeko lo “tradiscono”

di Danilo Meconio
Pubblicato il 17 Gennaio 2016 - 17:17 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Al fischio finale ha scosso la testa. Sul viso una smorfia contratta. Luciano Spalletti dopo i prima novanta minuti della sua seconda esperienza in giallorosso ha capito che forse l’impresa sarà più dura del previsto. La Roma non riesce a battere il derelitto e sempre ultimo per distacco Hellas Verona. Finisce 1-1, lo stesso punteggio dell’andata. In panchina non ci sono più i due allenatori dell’andata, ma in sostanza (nel calcio la sostanza sono i punti), cambia poco.

Spalletti sognava e sperava ovviamente in un debutto diverso. Lo aveva detto nella conferenza stampa fiume di sabato: la Roma doveva tornare a vincere e doveva tornare a farlo da subito. Solo che questa Roma il mestiere del vincere lo ha “disimparato”. E sul campo ha mostrato parte del solito orrido repertorio degli ultimi due mesi e mezzo: difesa tremebonda, squadra spaventata e schiacciata indietro, qualche errore di misura.

Del calcio che Spalletti vuole proporre si è visto quello che si può vedere dopo due giorni di allenamenti. Sicuramente più movimento sulle fasce, un calcio più verticale, meno azione e più fraseggio. Si è vista, a tratti, anche una difesa a tre. Esperimento che il tecnico toscano sicuramente riproporrà, mercato permettendo.

Le novità tattiche ci sono state, a cominciare da Naingolann alto (alla Perrotta direbbe chi ha memoria del primo Spalletti romano) con Pjanic in regia vicino a De Rossi nel 4-2-3-1 iniziale. De Rossi è apparso quello più rigenerato dal nuovo tecnico. Al di là dell’assist del provvisorio 1-0 De Rossi ha giocato da mediano e non da difensore centrale aggiunto. In quei 10 metri scarsi che separano la vecchia dalla nuova posizione c’è un modo completamente diverso di fare la fase difensiva. Non rinculare ma prevenire. Non abbassarsi e poi lanciare il contropiede ma recuperare il pallone più in alto e ripartire. Ma, su questo, c’è tanto, tantissimo lavoro da fare. Spalletti lo ha capito quando è bastato un Halfredsson inspiegabilmente lasciato in panchina nel primo tempo da Del Neri a seminare il panico nella difesa della Roma.

Spalletti è stato tradito dalla sua prima scelta. O forse quella scelta il tecnico lo ha semplicemente sbagliata. La scelta in questione è Leandro Castan. Di lui il tecnico aveva parlato in conferenza stampa lasciando intendere che il brasiliano avrebbe giocato. “Se mi schiera vedrà che prestazione mister!” aveva detto Castan a Spalletti. Col senno di poi suona quasi come una minaccia. Castan non è semplicemente pronto. Da un suo errore è nato il rigore. Da una sua palla persa il primo pericolo nel primo tempo. Garcia non lo faceva giocare mai. E non spiegava perché. Ma visto il Castan di oggi forse Garcia, su questo, tutti i torti non aveva. Urgono rinforzi. Soprattutto se si vuole giocare anche a tre.

Spalletti aveva parlato, e tanto, anche di Edin Dzeko. E anche Dzeko lo ha tradito. Qui non c’è scelta sbagliata: Dzeko è indiscutibilmente il centravanti della Roma. Nel gioco c’è. Ma quando si tratta di tirare in porta scompare. O è in leggero ritardo, o è posizionato male col corpo. Ma la palla, in porta, non la mette mai. E questo, per una Roma che su Dzeko ha puntato tanto, è un problema.

Spalletti, insomma, ha da lavorare e non poco. Come ha da lavorare Sabatini. Servono disperatamente un terzino e un difensore centrale. Almeno un difensore centrale. E poi serve tempo. Ma il tecnico ne ha poco. Poi serve uno psicologo. Perché la Roma che chiude in vantaggio il primo tempo e si presenta terrorizzata al cospetto del Verona nella ripresa (come se il Verona fosse il Barcellona e il Bayern) è un film già visto. Tante, tantissime volte. E tra una settimana c’è lo schiacciasassi Juventus.