Torino-Juventus: col figlio all’assalto del bus, l’irresistibile alibi di Vincenzo

di Redazione Blitz
Pubblicato il 28 Aprile 2015 - 16:51 OLTRE 6 MESI FA
Torino-Juventus: col figlio all'assalto del bus, l'irresistibile alibi di Vincenzo

L’assalto al pullman della Juve (Ansa)

TORINO – Il signor Vincenzo ha la tessera del tifoso, ha portato il figlio allo stadio (in tribuna, non in curva), non ha mai fatto a botte e non è un disoccupato. Rispetta insomma tutti i parametri dello spettatore tranquillo. Ma il signor Vincenzo è l’unico finora identificato dalla Digos per l’assalto al pullman della Juventus prima del derby di Torino.

Vincenzo, quarantenne e padre di due figli, delegato al franchising per conto di una catena di negozi di alimentari, si difende: “Ho dato solo manate“, come del resto la quasi totalità dei partecipanti all’assalto. Ma qualcuno ha tirato una bottiglia e ha spaccato un vetro del pullman. Leggi anche: Malagò: “Leggi speciali”. Ma basta applicare quelle “normali”.

Poi qualcun altro, stavolta della Juventus, dentro lo stadio ha lanciato una bomba carta contro i tifosi granata. I due fatti combinati si sono presi le prime pagine dei giornali. Lodovico Poletto de La Stampa ha intervistato il signor Vincenzo, che volentieri avrebbe fatto a meno di questa notorietà ed è preoccupato per il fatto che l’identificazione potrebbe portare a una denuncia.

«Diciamolo chiaro: io non ho fatto assolutamente nulla di male. Io non sono un delinquente, uno che va allo stadio per fare a botte, che distrugge o prepara i fumogeni. Io sono un tifoso e basta, da sempre». Ma, signor Vincenzo, era o no nel gruppone lungo la strada, e per di più con suo figlio? Ed ecco qui la risposta, che è un’ammissione di colpa – «Sì ero lì» – ma anche un tentativo di spiegare, di far capire l’atmosfera che si respirava domenica, subito dopo pranzo in via Filadelfia, a due passi dallo stadio.

«Allora io sono andato lì con mio figlio perché volevamo veder passare il pullman del Toro. C’erano cinquemila persone lungo la strada e ad un certo punto è arrivato l’autobus bianconero». E la folla si è lanciata sulle fiancate. «Ma se guardate bene il video si vede che io batto soltanto sulla carrozzeria. Colpi a mano aperta. Non pugni. In mano non ho nulla, si vede bene, è tutto chiaro». Lì accanto però c’è suo figlio. Che forse urla – come fa il papà – un po’ di frasi fin troppo colorite contro i bianconeri. «Ma allo stadio queste cose ci stanno. Le diciamo da sempre, le dicono tutti. È il calcio che è fatto così. Io non sono un teppista». Sarà anche vero che tra tifoserie opposte non ci si risparmia nulla, ma con Vincenzo c’era il bambino. «Guardi che però noi eravamo andati lì per prendere un caffè pre-partita». Ma non aspettava il bus? «Sì, anche quello, ma del Torino, non quello dei Gobbi. Che è arrivato all’improvviso e io ho battuto sulla fiancata». Sì ma era con il bambino? «Ma non c’era pericolo, non c’era gente violenta».

Anche lui ha chiaro che certe cose non devono accadere: «Ma quando sei lì ti lasci prendere. Del resto, io e tutti gli altri, abbiamo battuto anche sul mezzo del Toro». […] È andato allo stadio dopo? «Certo che sì». In curva? «Ma no, in tribuna. Io sono un uomo tranquillo, un lavoratore, un imprenditore. Senta, posso dire una cosa?» Prego: «Ma perchè quel pullman è passato da lì?». Ma perchè le violenze: «Beh, quelle non ci dovevano essere».