“Vaffanculo” all’arbitro: tutti lo fanno, pochi lo puniscono. Qual è la regola: si può o non si può?

Pubblicato il 14 Settembre 2009 - 12:57| Aggiornato il 13 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Si può dire “vaffanculo” all’arbitro? Oggi la situazione sui campi di calcio in Italia è questa: quasi tutti i giocatori lo dicono, la maggior parte degli arbitri lo sopporta senza reagire, qualcuno reagisce con il cartellino giallo dell’ammonizione, qualche altro, pochi, con il rosso dell’espulsione. I commentatori televisivi ritengono in generale il “vaffanculo” un peccato veniale, da non punire. I tifosi pensano sia consentito se a pronunciarlo è il giocatore della loro squadra, in caso contrario accolgono con un sorriso la dura reazione dell’arbitro. E il regolamento, insomma la regola scritta del calcio che dice? Dice, come è ovvio, che l’offesa diretta e plateale all’arbitro è da punire con l’espulsione. Ma, come si è visto, la maggioranza di quelli che giocano, arbitrano, commentano, raccontano e tifano concordano sul “vaffanculo” al regolamento.

Accade quindi che si arbitri in maniera non uniforme e questo non va bene. Nella terza giornata di campionato l’arbitro Tagliavento ha espulso Criscito del Genoa per palese “vaffanculo” ricevuto. Nella partita di Siena e in tante altre partite della stessa giornata altri arbitri hanno fatto finta di non sentire. Vuole per cortesia il capo degli arbitri Nicchi comunicare ufficialmente qual è la regola? Avrà Nicchi il coraggio di dire che “vaffanculo” si può, come accade nella maggioranza dei casi? Oppure di comunicare che la regola è quella di Tagliavento? I giocatori hanno il diritto di sapere. Generalmente quando mandano a “fanculo” l’arbitro non accade loro nulla. Infatti la loro faccia, in caso di espulsione o anche solo ammonizione, è quella di incredula sorpresa. Strani, sia detto per inciso, questi giocatori: se un loro avversario li manda a “fanculo”, allora è tutto un testa a testa minaccioso, un mimare l’insopportabilità dell’offesa. Se invece il “vaffanculo” è diretto all’arbitro, allora l’offesa non c’è. Strano galateo, strana regola. Comunque hanno diritto di sapere quanto costa la loro abituale inciviltà.

Nicchi dunque faccia sapere, ma non lo farà. Dicesse: mandare a “fanculo” non si può, allora dovrebbe rieducare a suon di espulsioni il 90 per cento dei calciatori. Vasta impresa. Dicesse chiaramente: si può, allora sarebbe l’ammissione che l’arbitro, almeno in Italia, ha anche la funzione del pupazzo su cui sfogarsi. Resteremo nel dubbio o meglio nella regola, etern regola italica, calcistica e non solo: si può, non si può? La risposta è: c’è chi può e chi non può. Dipende, non dalla regola ma da come conviene regolarsi.