Yarouba Cissako, da Champions a moschea: futuro da imam

di redazione blitz
Pubblicato il 8 Settembre 2015 - 19:02 OLTRE 6 MESI FA
yaroba cissako

Cissako con la maglia della Francia

PARIGI, FRANCIA – Non tutti i giovani calciatori di Francia sognano una brillante carriera in Ligue 1, un posto in un club illustre e magari anche un buon passaggio in Champions League.

C’è anche chi, come il difensore del Monaco Yarouba Cissako, 20 anni, ha ben altre priorità: vuole andare a giocare “per un club dove l’Islam è radicato nella cultura del Paese”, e poi studiare per “diventare imam”. Una scelta che potrebbe portare il giovane giocatore a dire addio al calcio, un po’ come fece il difensore nigeriano Taribo West: lasciò la Bundesliga per fare il pastore pentecostale.

Anche Cissako nel suo futuro vede la fede più che il pallone. Intanto però è entrato in collisione con il Monaco. I dirigenti del club monegasco hanno cercato di farlo desistere, o almeno di fare in modo che la sua storia non diventasse di dominio pubblico.

Quest’estate hanno rapidamente avviato una trattativa con il Galatasaray, per far sbarcare al più presto il talentuoso laterale destro in un Paese musulmano, ma l’affare non si è concluso per mancanza di accordo sugli aspetti economici.

Ora, secondo quanto riferiscono dall‘entourage di Cissako, sarebbero stati avviati contatti per una cessione “con numerose formazioni del Golfo”, ma al momento non sembrano esserci soluzioni concrete all’orizzonte.

Così, un giocatore che secondo gli osservatori potrebbe diventare uno dei migliori difensori di fascia di Francia si ritrova relegato in panchina, escluso anche dagli allenamenti delle riserve, e in guerra aperta con preparatori e dottori della squadra.

Uno dei principali punti di scontro tra Cissako e il Monaco è legato infatti a un componente dello staff medico, la kinesiterapeuta Sophia Nigi, da cui il giocatore rifiuta di farsi curare. Perché, dice, per un uomo religioso come lui è “inappropriato” farsi massaggiare da una donna in calzoncini da gioco e maglietta.

L’episodio, che ha molto divertito la stampa d’Oltralpe, è però solo l’ultimo di una serie di sgarri disciplinari commessi dal giovane difensore in nome della sua fede islamica, fin da quando, ancora adolescente, si era fatto notare nel vivaio del Monaco.

“E’ molto religioso. Quando non lo si conosce si può non vederlo, perché non ha la barba e non porta la djellaba, ma la religione nella sua vita ha un posto importante”, racconta sempre al Parisien il suo ex formatore, Bruno Istres, ricordando come già ai tempi delle giovanili “a volte andava troppo oltre, ma se ne rendeva conto da solo. Bisogna saperlo prendere. Ma bisognava anche fare attenzione al suo entourage, perché a quindici anni si è in cerca di se stessi”.