Nerone, duemila anni di calunnie? Al Teatro Quirino sembra..

di Francesca Cavaliere
Pubblicato il 18 Gennaio 2016 - 09:56 OLTRE 6 MESI FA
Nerone, duemila anni di calunnie

Una scena di Nerone, duemila anni di calunnie

ROMA – Nerone riabilitato a teatro da Edoardo Sylos Labini ispirato da Massimo Fini. Nerone imperatore crudele e persecutore dei cristiani o grande amministratore vittima dello scontro di potere fra impero e popolo di Roma da una parte e ricchi senatori e grandi speculatori dall’altra?

Un dramma in scena al Teatro Quirino di Roma,  “Nerone duemila anni di calunnie”, cerca una risposta.

Molto si è detto dell’imperatore Nerone,  nipote per parte di madre dell’imperatore Caligola e salito al potere all’età di diciassette anni, nell’anno 55.

La sua immagine è stata tramandata come persecutore dei cristiani e responsabile del martirio di moltissimi di loro, oltre che della decapitazione di San Paolo e della crocifissione di San Pietro.

Dei fatti a lui attribuiti ciò che più ha fatto e fa ancora discutere è l’incendio di Roma che secondo gli Annali di Tacito avvenne nel 64 dc.

E sono Nerone e l’incendio di Roma l’argomento dello spettacolo di Edoardo Sylos Labini  “Nerone duemila anni di calunnie” in scena la teatro Quirino di Roma dal 19 al 31 gennaio, liberamente tratto dall’omonimo saggio di Massimo Fini.

Due ore di spettacolo per

″rivedere una vulgata secolare il cui esito è la persistente leggenda nera dell’imperatore romano. Un personaggio che ha dovuto subire, per mano degli storici antichi e di tutti quelli che hanno scritto su quella falsariga, una damnatio memoriae solo per certi versi comprensibile″.

Nerone accusò i cristiani, ma la storia che noi conosciamo vuole che sia stato lui a provocare il rogo della città eterna e di questo fu accusato dopo la sua morte.

La verità potrebbe essere un’altra, molto più semplice e banale: nella calda estate del 64 un fuoco forse acceso per preparare da mangiare o la fiamma di una lampada a olio per fare luce, chissà, sfuggì al controllo degli abitanti e si insinuò facilmente tra le misere case di legno nei quartieri poveri e malsani della città. Poi il fuoco si propagò fino ai quartieri della borghesia per poi avvampare su tutta la città. Tacito racconta che Nerone si trovava ad Anzio e che saputo dell’incendio fece di tutto per trovare dei ripari alla popolazione affranta e impaurita.

Lo spettacolo nasce da un’idea di Pietrangelo Buttafuoco , la drammaturgia è di Angelo Crespi.

Gli attori sono Edoardo Sylos Labini (oltre che regista) nel ruolo di Nerone, Sebastiano Tringali nel ruolo di Seneca, Dajana Roncione interpreta Poppea, Giancarlo Condè nel ruolo di Fenio Rufo, Gualtiero Scola nel ruolo di Otone, Paul Vallery che è DJ e mimo, con la partecipazione di Fiorella Rubino nel ruolo di Agrippina e gli attori della Fonderia delle Arti per il coro.

Le scene e i costumi sono di Marta Crisolini Malatesta, il disegno luci di Pietro Sperduti , le musiche originali di Paul Vallery

Teatro Quirino Roma

Dal 19- 31 gennaio

ORARI SPETTACOLI

da martedì a sabato ore 21

domenica ore 17

giovedì 21 e mercoledì 27 gennaio ore 17

sabato 30 gennaio ore 17 e ore 21

Il comunicato stampa del teatro Quirino:

″LO SPETTACOLO

Sullo sfondo di una Roma bruciata da un incendio, di cui Nerone verrà accusato ingiustamente di essere il mandante, l’incubo dell’Imperatore la notte prima della sua morte. La possibilità di fuggire dalla congiura dei suoi senatori, o la scelta di uccidersi per mano propria.

Tra i marmi della Domus Aurea, il suo palazzo imperiale, Nerone, attorniato da un’eccentrica corte di mimi, musicisti e ballerine, è tormentato dal fantasma della madre. Rivive in quell’incubo le presenze più ingombranti della sua vita: l’ossessiva madre Agrippina, assetata di potere che, grazie ad una serie di delitti, gli apre le porte dell’Impero a soli 17 anni; l’illustre filosofo Seneca, moralizzatore dei costumi di Roma e scaltro opportunista che, diventato suo maestro, cerca di influenzarne ogni scelta; la bellissima seconda moglie, la giovane e civetta Poppea con la quale condivide l’amore per l’arte e la passione per la Grecia; l’amico di bagordi Otone, governatore della Lusitania ed ex marito di Poppea che congiura alle sue spalle per gelosia; ed infine il viscido Fenio Rufo, ruvido Prefetto del Pretorio, vero capo della rivolta di quella élite economica ed intellettuale contro la quale Nerone combatté durante i 14 anni del suo regno.

NOTE D’AUTORE

Nerone Duemila anni di calunnie, tratto dall’omonimo saggio di Massimo Fini, è un testo che, alla luce delle più recenti interpretazioni storiografiche, si pone l’obiettivo di rivedere una vulgata secolare il cui esito è la persistente leggenda nera dell’imperatore romano. Un personaggio che ha dovuto subire, per mano degli storici antichi e di tutti quelli che hanno scritto su quella falsariga, una damnatio memoriae solo per certi versi comprensibile. Nerone fu un uomo sì spregiudicato, si macchiò di delitti efferati, ma non in misura maggiore degli imperatori che lo precedettero o seguirono. Stretto tra il destino di comandare e il desiderio di essere semplicemente un artista, nei brevi anni di impero si contraddistinse per unire alle doti dello statista, la visionarietà del tiranno illuminato: non si preoccupò di espandere i confini dell’impero, non si impegnò in guerre di conquista, ma cercò di imporre lo stile greco a Roma, di dare una forma moderna all’amministrazione dell’impero, di gestire le finanze dello Stato con lungimiranza. Per questo motivo l’oligarchia del Senato gli fu ostile, ma anche per la sua tenace politica riformatrice, per la sua volontà di comandare “per il popolo” e non solo “in nome del popolo” come voleva il trito rito della Repubblica. Amato dalla plebe, odiato dalla aristocrazia, Nerone crebbe sotto l’influenza nefasta della madre Agrippina e badando ai consigli del suo maestro, Seneca; entrambi seppur in maniera diversa, invischiati nei giochi di una corte in costante lotta per il potere. Ed è per questo che la vita dell’imperatore, condannato dalla macchina del fango della storia, assume i contorni della metafora sul potere, che da sempre irretisce le menti migliori, fuorvia la ragione e i cuori.

Angelo Crespi – Edoardo Sylos Labini

Giovedì 21 gennaio dopo la pomeridiana, alle ore 19.00, UNIC-LINEAPELLE partner ufficiale dello spettacolo offrirà un drink agli spettatori, seguirà la proiezione del mediometraggio I COME FROM con voce narrante di Ricky Tognazzi sulla storia della conceria italiana da Pompei ai nostri giorni.

 

Mercoledì 27 dopo la pomeridiana, alle ore 19.00, ci sarà un incontro con Massimo Fini autore dell’omonimo saggio e Angelo Crespi autore della drammaturgia.″