Salvo Riina, Rai difende Vespa ma…”intervista da mafioso”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 7 Aprile 2016 - 18:51 OLTRE 6 MESI FA
Salvo Riina, Rai difende Vespa ma..."intervista da mafioso"

Salvo Riina, Rai difende Vespa ma…”intervista da mafioso” (nella foto Ansa, Monica Maggioni e Rosy Bindi)

ROMA – L’intervista a Salvo Riina è stata “gratis” ed è stata concordata tra i vertici Rai per “alimentare il dibattito sulla mafia”. Ma è stata anche un’intervista “da mafioso”. Il direttore generale Antonio Campo Dall’Orto e il presidente Monica Maggioni si sono difesi in commissione Antimafia dopo la puntata di Porta a Porta che tanto ha fatto discutere, sui giornali e non solo. Difesi dagli attacchi agguerriti soprattutto di Rosy Bindi (presidente dell’Antimafia) e di Michele Anzaldi del Pd, che hanno duramente criticato quello che la trasmissione di Bruno Vespa ha mandato in onda (“messaggi mafiosi”, per usare le loro parole ma anche quella della Maggioni) compresi.

Monica Maggioni.

“Nella storia della Rai non c’è nessun negazionismo, da giornalista capisco l’attrazione per questa storia ma c’è il contenuto e ci sono anche le responsabilità. Nel Paese la ferita della mafia non è una ferita del passato, ma di oggi. E per questo serve attenzione al contesto. Intervenire a priori rimanda all’idea di censura ed è difficile accettare l’idea di censura, nei confronti di un collega con una lunga storia professionale. Su certi temi vale la pena dilatare il confronto sul come si dicono le cose che resta fondamentale”. ” Non c’è una cosa che il servizio pubblico non deve dire in assoluto, ma ci sono i modi in cui farlo”, ha aggiunto.

“Nel risentire il racconto di Riina jr molte cose sono insopportabili. Non rinnegare la storia del padre, ad esempio. In sostanza Riina dà una intervista da mafioso. La Rai non è però appiattibile su un’intervista, perché racconta giorno per giorno le storie delle vittime della mafia”.  Maggioni ha quindi risposto alla presidente della Commissione, Rosy Bindi, intervenuta in merito all’intervista della presidente Rai su Avvenire. “Non so se sia giusta l’idea di devolvere i proventi del libro alle vittime di mafia – ha detto Bindi -. Non credo che le vittime accetterebbero quei soldi. Perché la Rai non devolve gli introiti pubblicitari della trasmissione alle vittime di mafia?”. “Io non ho detto di devolvere gli introiti alle vittime – ha precisato Maggioni -. Ho detto di trattare il libro come un bene mafioso”.

Antonio Campo Dall’Orto.

“Questa è Una fase di transizione, prima abbiamo deciso di occuparci della informazione giornalistica in senso stretto, cioè delle testate, e poi dal primo settembre bisognerà riuscire ad avere una supervisione che lavori sui contenuti giornalistici ovunque essi siano. Da quel momento si dovrà decidere insieme”. Campo Dall’Orto ha spiegato che dopo l’ospitata dei Casamonica a Porta a Porta e i fatti di Parigi, “è nata la decisione di istituire la direzione per l’informazione. Non è più pensabile distinguere l’informazione dall’infotainment”. Il dg ha ricordato che il direttore Carlo Verdelli è in carica da circa tre mesi e si è quindi “in una fase di transizione”. “In questo caso – ha detto Campo dall’Orto – Verdelli ha preso una decisione su un contenuto che si è trovato sul suo tavolo, domani bisognerà agire all’origine sulla scelta di cosa fare o non fare”.

“Non sono stati fatti pagamenti. Le domande sono state fatte in libertà e la liberatoria è arrivata alla fine”.

Rosy Bindi.

“Riina jr è stato reticente e omertoso, ha raccontato menzogne e ha mandato messaggi pericolosi e inquietanti senza essere contrastato dal conduttore”. “Quell’intervista – ha proseguito – ha prestato il fianco al negazionismo e al riduzionismo del fenomeno mafia, e non sappiamo se quelle parole siano indirizzate ai clan o anche minacce versoi pentiti”. La presidente dell’Antimafia ha ricordato che dopo la vicenda Casamonica (altra puntata di ‘Porta a porta’ l’estate scorsa), dalla Rai erano venute assicurazioni che qualcosa di simile non si sarebbe ripetuto. E invece ora c’è quest’altra vicenda.

Quella di Salvo Riina a ‘Porta a porta’ “non è stata l’intervista di un figlio sul padre, ma di un condannato di mafia, figlio di un boss di Cosa Nostra. Quali condizioni sono state poste da Riina per l’intervista? E’ stata gratuita o no?”.

Pietro Grasso.

“Io penso che il servizio pubblico non debba avere limiti all’informazione, ma deve imporre un diverso grado di responsabilità e di serietà. Non si può banalizzare la mafia, non si ci si deve prestare a operazioni commerciali e culturali di questo tipo, e una puntata riparatoria non giustifica, anzi sembra mettere sullo stesso piano il punto di vista della mafia e quello dello Stato” Lo afferma il presidente del Senato Pietro Grasso intervenendo alla Luiss in merito all’intervista di Salvo Riina a Porta a Porta.

Grasso si sofferma sul caso dell’intervista a Riina jr quando, parlando brevemente della storia della mafia in Sicilia, ha citato l’ascesa ai vertici di Cosa nostra di Totò Riina. “I giornali di oggi – rimarca il presidente del Senato – danno ampio risalto all’intervista al figlio di Riina, che sta promuovendo le vendite del suo libro, e che, eludendo tutte le domande sulla mafia, le stragi e le vittime, ha cercato di umanizzare la figura di suo padre e di banalizzare il male immenso della mafia. Ha raccontato che Totò Riina gli ha trasmesso il rispetto della famiglia, dei valori e della tradizione. Ha detto che la mafia “può essere tutto e niente” e che è assurdo che i pentiti non vadano in carcere. Parole vecchie di 30 o 40 anni”. “Che contributo hanno dato per conoscere il fenomeno mafioso? Meritavano davvero la ribalta della rete principale del servizio pubblico?”, sottolinea Grasso.

Michele Anzaldi.

“Quella del monologo del figlio di Totò Riina a ‘Porta a porta’ è stata una delle pagine più buie del servizio pubblico radiotelevisivo, verrà ricordata come un vulnus. Il moto generale di indignazione di cittadini, familiari delle vittime, istituzioni ce lo conferma anche oggi. A imbarazzare, però, è stata anche la libertà con la quale Riina jr ha detto una pesante menzogna, non smentita dal conduttore durante l’intervista: non è vero che il sanguinario boss Giovanni Brusca, poi diventato collaboratore di giustizia, non abbia fatto un giorno di carcere. Ancora oggi, dopo il suo arresto di 20 anni fa, sta scontando in galera la sua pena. Chi ripagherà i telespettatori e chi pagherà per questo grave errore?”. E’ quanto dichiara il deputato del Partito democratico e segretario della commissione di Vigilanza Rai, Michele Anzaldi.

“La presidente Monica Maggioni – spiega Anzaldi -, il direttore generale Antonio Campo Dall’Orto e il presidente della Vigilanza Roberto Fico rispondano su questo: dopo il via libera della Rai alla messa in onda dell’intervista e dopo la completa impotenza dimostrata dalla commissione di Vigilanza, chi si assume la responsabilità di questo errore, facilmente riscontrabile al minuto 40:30 della registrazione presente anche sul sito della Rai? E’ dovuto intervenire, solo dopo, l’avvocato Li Gotti a ricordare che Brusca è tuttora in carcere. Peraltro lo stesso Li Gotti, dopo la trasmissione, ha manifestato il suo sconcerto per l’assenza di interlocuzione e per essere stato chiamato a fare da cornice alla presentazione del libro del figlio del boss. La direttrice di Huffington Post Lucia Annunziata, inoltre, denuncia in un’intervista il rischio che l’ospitata serva a far cancellare il 41 bis a Totò Riina: chi risponde a questi interrogativi? Il servizio pubblico è stato strumentalizzato, come già accaduto con i Casamonica?”.