Umberto Smaila: “Rapporti con le ragazze Cin Cin? Non c’era tempo”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 6 Febbraio 2017 - 13:38 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – “Era un programma nazionalpopolare, digeribile per tutti. Lo guardavano i nipoti, la mamma, il nonno, e poi l’unica alternativa era il Maurizio Costanzo Show”. Così Umberto Smaila, intervistato dal Giorno, ricorda i tempi di “Colpo Grosso”.

Celebre è l’episodio in cui Ronald Reagan, l’allora presidente degli Stati Uniti, citò “Colpo Grosso” al Congresso come esempio di corruzione dei costumi americani. Ricorda ancora Umberto Smaila: “Io non ne sapevo niente, ma un giorno nei corridoi di Mediaset incontrai Mike Bongiorno che mi disse: Hai fatto arrabbiare Raegan, cosa hai combinato?”. All’inizio degli anni novanta “Colpo Grosso” era sulla cresta dell’onda: “Gheddafi minacciò di lanciare missili su Lampedusa perché i libici di notte orientavano le antenne verso l’Italia per captare “Colpo Grosso”, e lo stesso facevano gli albanesi di Enver Hoxha”. Anche il Saturday Night Live, il famoso programma di cabaret newyorkese, decise di mandare una troupe per farci un servizio.

ome era l’Italia di quegli anni? Era meglio di quella di oggi?

«Lo chiede a uno che allora aveva 40 anni e oggi ne ha 66. Era un’Italia che aveva meno problemi, la cosiddetta Italia da bere. La sinistra la giudica un’Italia superficiale, ma se si conserva un giudizio equilibrato non si può non riconoscere che si stava meglio. A me di sicuro non dispiaceva. Vivevo a Milano, nascevano le tv commerciali, c’era molto da lavorare, ci divertivamo, avevamo le menti più sgombre».

Come mai Mihajlovic le dedicò un gol?

«Tra il 1991 e il 2010 d’estate avevo lo Smaila’s in Costa Smeralda, dove naturalmente venivano molti calciatori. Una volta venne Mihajlovic e siccome io, essendo originario di Fiume, parlo un po’ di serbo-croato, cominciammo a chiacchierare in quella lingua e diventammo amici. Una sera presi il microfono e ne dissi tutto il bene possibile, che era l’unico calciatore per cui tirare una punizione era come tirare un rigore. Allora lui, con quel suo inconfondibile accento slavo, mi disse: ‘Umberto, il prossimo gol lo dedico a te’. E così accadde. Per fortuna non fu in una partita contro il Milan».

Com’erano i rapporti con le ragazze di ‘Colpo Grosso’? Avanti, sia sincero.

«Non c’era proprio il tempo di aver quasi nessun rapporto. Si registravano 4 o 5 puntate al giorno, da un’ora ciascuna. Era una catena di montaggio, perdoni il gioco di parole. Le inglesi erano scorbutiche, le olandesi invece molto simpatiche, e anche di un certa cultura. Finito ‘Colpo Grosso’ scappavo agli studi di Cologno per registrare ‘C’est la vie’, un programma che andava di pomeriggio su Canale 5. Al pomeriggio ero per le massaie, alla sera per gli amanti delle belle donne, ero il diavolo e l’acqua santa».

Guadagnava molto?

«Avrei potuto guadagnare molto di più. Cosa guadagnerebbero oggi Mazzola o Rivera? Ho fatto 800 puntate di ‘Colpo Grosso’, comunque non potevo lamentarmi. Lo standard di vita era molto alto, avevo una bella casa, una Mercedes. Quando ‘Colpo Grosso’ è finito sono passato da 200 puntate all’anno a zero. Sono andato dal concessionario in Mercedes e sono tornato su una Toyota».

Perché ‘Colpo Grosso’ finì?

«Era finito sulla carreggiata sbagliata. Per il mercato internazionale decisero di dare un taglio patinato con modelli e modelle. La trasmissione morì di morte naturale».

In un’intervista ho letto che lei ama Proust…

«Come dice? Le fruste?»

«Proust! Marcel Proust. E anche Céline».

«Scherzavo… È vero, la Recherche è una delle mie letture preferite, e anche Céline, ‘Morte a credito’ e ‘Viaggio al termine della notte’. Céline è un personaggio straordinario, così controverso per il suo antisemitismo, ma anche così geniale nell’uso della lingua. Aggiungo ‘Storia della mia vita’ di Giacomo Casanova».

Oddio, lei li ha letti veramente! E adesso cosa diciamo a quelli che la considerano solo un intrattenitore di bassa lega, anche un po’ volgare, grossolano e rozzo?

«Gli dica che ho appena finito di ascoltare tutte le opere dirette da Muti, e che amo Puccini. Voi non sapete chi è veramente Umberto Smaila».