Luca Sofri: “Non credo che il lavoro (giornalistico) debba essere pagato” VIDEO

di Redazione Blitz
Pubblicato il 6 Maggio 2014 - 18:49 OLTRE 6 MESI FA
Luca Sofri: "Non credo che il lavoro giornalistico debba essere pagato"

Luca Sofri

PERUGIA – “Io non credo che il lavoro (giornalistico) debba essere pagato”: ne è convinto Luca Sofri, giornalista, scrittore e direttore della testata online il Post, con un passato di collaborazioni (pagate) a Il Foglio, L’Unità, Vanity Fair, Panorama e Internazionale. Sofri ha esposto la propria tesi sul giornalismo per sola passione al Festival internazionale di giornalismo di Perugia.

“Circola molto questa frase fatta sul fatto che il lavoro debba essere pagato. In generale e sulle cose che riguardano il giornalismo e l’informazione. Io non credo che il lavoro debba essere pagato. Io credo che qualunque tipo di lavoro possa conoscere anche delle retribuzioni, delle soddisfazioni più varie che non sono necessariamente monetizzate. Trovo bizzarro che noi stesso che andiamo dicendo che la nobiltà del nostro lavoro deriva da altri fattori, come il servizio alla comunità o la qualità dell’informazione, poi pretendiamo allo stesso tempo che questi aspetti vengano quantificati in sistemi economici e monetari. No, esistono quantità di altre motivazioni e occasioni in cui possiamo liberamente lavorare gratis senza sentirci sfruttati. Anche io, qui, al Festival del giornalismo, lavoro gratis”.

Non è stata questa l’unica tesi accolta con qualche dubbio dal pubblico in sala all’incontro “31 domande sul giornalismo” e poi in rete e sui social network. Sofri ha anche parlato del vecchio giornalismo, fatto stando sul posto. Secondo lui ormai, con i tanti media e social, spesso non è più necessario essere sul luogo in cui avvengono le cose:

“Con la diffusione di Twitter, soprattutto nel settore Esteri dove le agenzia di stampa italiane sono carenti, non è poi così necessario essere sul posto. Posso sapere più cose dalla mia scrivania di Milano, intrecciando le informazioni che trovo su web, tv straniere, social media, che stando per strada in mezzo a una rivolta”.