Tokyo, in migliaia attraversano la strada continuando a fissare lo smartphone VIDEO

di Redazione Blitz
Pubblicato il 12 Novembre 2014 - 18:22 OLTRE 6 MESI FA
Tokyo, il migliaia attraversano la strada continuando a fissare lo smartphone

Tokyo, il migliaia attraversano la strada continuando a fissare lo smartphone

TOKYO – L’incrocio di Shibuya, a Tokyo, è uno dei più affollati al mondo. Lo testimoniano diversi video che si possono vedere su YouTube. Tra questi ce n’è però uno che mostra quanto i giapponesi siano malati di smartphone. Ogni giorno migliaia di persone attraversano ordinatamente questo l’incrocio cercando di evitarsi. Il tutto, però, avviene con lo sguardo fisso sul cellulare e l’attraversamento della strada, in questo modo diventa davvero difficile e pericoloso.

Tra quelli che attraversano, c’è chi chatta con gli amici, chi addirittura si diverte con Candy Crush o altri giochi e applicazioni, non rinunciando a guardare lo schermo nemmeno per i pochi secondi dell’attraversamento pedonale.

Un ragazzo spiega che “se tieni il telefono in basso non vedi nulla, io lo tengo all’altezza degli occhi, così mi accorgo di quello che accade davanti a me. Il trucco è avere il cellulare sempre di fronte”.

In Giappone, tra il 2010 e il 2013 più di cento persone sono rimaste vittime di incidenti in Giappone e un uomo è morto investito da un treno, quanto pare a causa della distrazione causata dai telefonini. Una grande compagnia di telefonia giapponese, la NTT Docomo stima che, con un occhio allo schermo, si ha solo il 5% di visuale di quello che accade a un incrocio. La compagnia ha fatto una simulazione al computer di quello che potrebbe accadere se ognuno guardasse il suo smartphone. Il risultato, calcolando circa 1.500 persone che attraversano, è di 446 collisioni, 103 persone cadute e 21 telefoni finiti a terra.

“Con questo video vogliamo far capire, soprattutto ai giovani, quali sono i rischi – spiega Hiroshi Suzuki, della compagnia – questo potrebbe accadere in un futuro molto vicino e noi proviamo a evitare che si arrivi a questo punto”.