Berlusconi e il cardinal Bertone: perdonanza no, indulgenza non ancora. Il conto agli italiani

Pubblicato il 29 Agosto 2009 - 09:22 OLTRE 6 MESI FA

Milioni di italiani sono in coda per tornare a casa dalle vacanze. Altri milioni stanno per affrontare l’ultimo fine settimana di agosto con i problemi di sempre, cui si è aggiunto il campionato di calcio. Quelli che si sono appassionati al contrasto tra Silvio Berlusconi e i vertici della Chiesa cattolica passeranno le ultime ore in spiaggia o nelle passeggiate in montagna o nell’intenso scambio di telefonate con amici e colleghi chiedendosi se questa volta Berlusconi è proprio finito, se lo scontro col Vaticano porterà alla sua fine.

Pochi forse si porranno la domanda più fastidiosa: quanto costerà all’Italia, in denaro e in libertà, la pace con il Vaticano? Mentre infatti appare difficile che la Chiesa scarichi Berlusconi in mancanza di alternative valide dal suo punto di vista, è verosimile che cerchi di trarre il massimo vantaggio dalla situazione di debolezza del primo ministro per le polemiche sulla sua vita sessuale che hanno dominato l’estate: saranno concessioni di tipo fiscale o a favore della scuola religiosa, come l’ora di religione,A o degli insegnanti di religione; saranno concessioni in materia di libertà individuali, come la pillola Ru486. Addirittura potrebbero essere richieste che venga immolata la testa e la poltrona di Feltri.

Fronti aperti ce ne sono tanti, incluso l’atteggiamento del Governo, cui la Lega di Umberto Bossi fa da pilota, in materia di clandestini. Nei paesi di loro provenienza la Chiesa è molto impegnata nella sua opera di missione e ottenere qualcosa in questo campo sarebbe un gran colpo d’immagine.

La giornata di venerdì è stata febbrile, per chi ha seguito la vicenda Berlusconi – Vaticano e la discutibile denuncia del premier al quotidiano La Repubblica e ai media europei che rischia di essere un autogol, con una accelerazione nelle ore più calde della giornata dal punto di vista meteo, quando è stato annunciato che Berlusconi non si sarebbe più recato all’Aquila per la cerimonia della perdonanza.

Il giorno prima, la notizia di Berlusconi pellegrino aveva suscitato in qualcuno ammirazione per la capacità di Berlusconi di uscire con un colpo di reni da situazioni difficili: dopo gli attacchi di alcuni alti prelati e del quotidiano dei vescovi italiani, “Avvenire”, alla sua vita privata, trasformarsi in  pellegrino penitente, con indulgenza plenaria incorporata e finale a cena  insieme con il segretario di stato vaticano cardinal Tarcisio Bertone era un gran colpo d’immagine.

Qualcuno aveva però anche ricordato che la scelta di un rito istituito secoli fa dal papa Celestino V poteva avere risvolti inquietanti, citando la Divina commedia, nel cui inferno Dante colloca quel papa, “che per viltate fece il gran rifiuto”, avendo precipitosamente lasciato la cattedra di san Pietro, sopraffatto dalle angosce della vita politica romana e vaticana di quei tempi, per ritirarsi in quel convento dove Berlusconi idealmente intendeva ora chiedere perdono.

A guastare le feste due fatti. Il primo è stato un articolo del Giornale, di cui Berlusconi è fondatore, ora del fratello Paolo, il cui nuovo direttore, Vittorio Feltri, impegnato fin dal suo esordio in una campagna su più fronti per dimostrare che tutti gli avversari del demonio Berlusconi, Moratti dell’Inter inclusi, non sono meno diavoli di lui, ha attaccato enfasi il direttore di Avvenire, Dino Boffo. L’accusa è su due livelli: il primo è che Boffo, nel 2001, quindi otto anni fa, avrebbe patteggiato per una accusa di molestie. Il patteggiamento è un istituto recente della giustizia penale italiana, che si applica a reati con pene relativamente miti, in cui un imputato si riconosce colpevole ma non proprio, patteggia una pena che non sconta, che però sconterà se lo farà di nuovo.

Il secondo livello di accusa è che Boffo avrebbe molestato una donna, del cui marito Boffo era l’amante; quindi secondo il Giornale Boffo sarebbe omosessuale. Molestatore, rovinafamiglie, omosessuale non può salire sul pulpito a condannare Berlusconi, questa la tesi di Feltri.

Nella risposta Boffo  parla di «una vicenda di fastidi telefonici consumata nell’inverno del 2001, e della quale ero stato io la prima vittima», dice che «il Giornale di Vittorio Feltri sa anche quello che io non so, e per avallarlo non si fa scrupoli di montare una vicenda inverosimile, capziosa, assurda». Parla poi di «killeraggio giornalistico allo stato puro» e conclude: «Siamo alla barbarie».

Scrive ancora Boffo: «Nel confezionare la sua polpettona avvelenata Feltri, tra l’altro, si è guardato bene dal far chiedere il punto di vista del diretto interessato: la risposta avrebbe probabilmente disturbato l’operazione che andava (malamente) allestendo a tavolino al fine di sporcare l’immagine del direttore di un altro giornale e disarcionarlo. Quasi che non possa darsi una vita personale e professionale coerente con i valori annunciati. Sia chiaro che non mi faccio intimidire, per me parlano la mia vita e il mio lavoro».

Con il passare delle ore, montava negli ambienti giornalistici e politici la reazione negativa alle accuse di Feltri, conclusa con la presa di distanza dello stesso Berlusconi, il minimo che il premier potesse fare per non rompere del tutto con le gerarchie ecclesiastiche e per non compromettere ulteriormente la sua posizione nei confronti della Chiesa sostenendo la crociata di Feltri contro Boffo.

Il secondo evento, sommerso dal caos del duello Feltri – Boffo, ma indipendente, almeno in apparenza, è stata la pubblicazione di un editoriale dell’Osservatore romano, che nella gerarchia delle fonti di informazione sulla Chiesa dovrebbe venire sopra l’Avvenire. L’editoriale dell’Osservatore, a firma di Lucetta Scaraffia, docente di storia contemporanea all’universita la Sapienza di Roma, entrava in polemica con il teologo Vito Mancuso, il quale, su Repubblica contestava l’opportunità del previsto incontro dell’Aquila tra il cardinale Bertone e Berlusconi.

Scriveva l’Osservatore: «Anche nella Chiesa di oggi la penitenza è una cosa seria, tanto da non dover venire confusa con polemiche contingenti come quelle a cui sono usi i giornali». E ancora: «Dalla metà del Duecento, la confessione è individuale e auricolare, cioé si svolge fra il penitente e il confessore, ed è segreta, come lo è la penitenza. Un metodo che ha senza dubbio favorito il ravvedimento di molti peccatori».

Nelle ultime parle una punta di veleno: «Evidentemente  questa segretezza non piace a tutti: c’é chi vorrebbe una Chiesa sempre pronta alle pubbliche condanne, invece che alla cura delle coscienze. Almeno in alcuni casi particolari, perché in genere le prese di posizione pubbliche della Chiesa sui comportamenti sessuali sono criticate con forza».

L’articolo dell’Osservatore è passato quasi inosservato, e per tutta la giornata la ragione della abolizione dell’appuntamento penitenziale e gastronomico tra Berlusconi e Bertone è stata attribuita all’articolo del Giornale. Di qui le interpretazioni di giornali, agenzie e siti, sulla missione di pace di Gianni Letta all’Aquila, proprio per rimettere assieme i cocci del vaso rotto da Feltri. Sotto gli occhi di tutti, Letta e Bertone si sono incontrati e parlati, in mezzo a tanta gente, incluso il ministro Mara Carfagna, anche lei in cerca di perdonanza, non si sa se governativa o privata. Clima sereno e ironico, dopo una raggelante allusione del porporato dal pulpito, quando ha evidenziato la simbologia della Porta Santa, quasi una porta del Paradiso dalla quale non si passa se non rinnovando «la nostra adesione a Dio» e rendendosi disponibili «a farci guidare».

Ai giornalisti che gli chiedevano perché Berlusconi non c’era, Bertone ha risposto cardinalizio: «A me lo chiedete?».

Viene il dubbio che l’attacco di Feltri sia stata la ciliegina sulla torta che il Vaticano aspettava e che la rinuncia di Berlusconi alla cena con Bertone sia stata motivata più dall’attacco di Mancuso che dall’irritazione per Boffo. Va ricordato che il 6 settembre, quando il Papa andrà a Viterbo, a fargli gli onori di casa per il Governo italiano era già previsto ci fosse sempre Gianni Letta e questo rientra nella linea di evitare di dare a Berlusconi una pubblica assoluzione, non in quanto capo del Governo italiano, ma in quanto conclamato peccatore del peccato che la Chiesa aborrisce di più, quello sessuale.

In questa ottica, l’idea dell’incontro all’Aquila non era stata valutata in tutti i suoi risvolti mediatici e dopo l’intervento di Mancuso c’è stato il raffreddamento. La vicenda è tutt’altro che conclusa. Le indulgenze, come non vengono gratis: lo confermano anche lo motivazioni della perdonanza celestiniana: per consentire ai poveri di accedere alle indulgenze. Se i poveri non vi avevano diritto, è perché non avevano i soldi per comprarle. Non ci vuole Martin Lutero per mettere il dito sulla piaga, basta sempre il solo Dante Alighieri, che mette in un bel girone dell’Inferno i preti simoniaci.

Berlusconi non poteva avere l’indulgenza con un viaggio all’Aquila e il costo di una cena. Toccherà al povero Letta fare gli scalini di una scala santa virtuale, contrattare l’indulgenza con tutto il savoir faire di cui è capace. Poi toccherà agli italiani pagare.