Berlusconi e l’Italia multietnica: siamo già una accozzaglia di razze, mettiamoci il cuore in pace

di Marco Benedetto
Pubblicato il 10 Maggio 2009 - 09:59| Aggiornato il 17 Settembre 2010 OLTRE 6 MESI FA

La foga della politica ha portato Berlusconi un po’ troppo fuori strada. Sull’Italia multietnica l’ha sparata proprio grossa. Dire che è contro l’Italia multietnica è dire che è contro l’Italia stessa e la sua storia.

Dominato dal terrore di uno sgambetto della Lega, Berlusconi è pronto a giurare qualsiasi abominio, anche in contraddizione con un credo fondamentale della Lega: che l’Italia è davvero e fondamentalmente multietnica.

La Lega ci crede al punto da avere costruito uno dei suoi fondamenti ideologici sull’origine celtica dei padani, arrivando a sostenere che sono celti persino gli italiani del nord est, che magari slavi sono, ma difficilmente celti.

E d’altra parte cosa è la Padania se non un miscuglio di razze? I vecchi liguri, cui si sono sovrapposti gli invasori celti, cui si sono sovrapposti i coloni meridionali romani, cui via via nei secoli si sono sovrapposti i vari popoli invasori, goti e longobardi i più numerosi, che si sono impadroniti del sacro suolo padano. Per non parlare del gran miscuglio etnico frutto della rivoluzione industriale italiana, nota come “boom”, degli anni cinquanta e sessanta. Sono nati persino nuovi accenti. I nuovi torinesi parlano con un accento che Macario non capirebbe.

E poi, è sufficiente che ci guardiamo in faccia: cosa ha in comune un veneto con un bergamasco, un napoletano con un siciliano?

E allora? Un conto è l’Italia multietnica, che è una realtà storica, che vuole dire crescita demografica e quindi economica, quindi progresso.

Un altro conto è il tentativo di ripristinare un minimo di legalità. E qui Berlusconi, che recita a soggetto, e Roberto Maroni, il ministro dell’Interno, che lo fa per dovere istituzionale e anche per credo politico, hanno perfettamente ragione. Va bene il diritto d’asilo, va bene l’assistenza umanitaria, ma fino a quando si darà l’impressione che l’Italia è la gruviera del mondo, tutti i clandestini si butteranno sulle nostre coste, nelle nostre braccia, per essere accolti, muniti di documenti e poi cercare lavoro in Italia o, meglio, in qualche altro paese europeo.

In questa lotta il governo è solo. Ha contro la sinistra, alla disperata ricerca di motivi per perdere voti, ha contro i preti, che nei paesi d’origine dei clandestini ha la sua principale riserva di caccia di conversioni e nuovi fedeli, ha contro le varie organizzazioni internazionali, in cui strapagati burocrati spesso connazionali di quei clandestini sono terrorizzati dall’idea di dovere affrontare un problema (e per averne conferma, basta vedere il tragico risultato dell’attività Onu dove ci sono guerre interrazziali, pulizie etniche e disastri umanitari).

Poi, purtroppo, siamo in Italia, equindi ci limitiamo solo agli aspetti negativi: no ai clandestini, l’urlo assorbe tutte le nostre energie e lì ci fermiano, sugli aspetti repressivi, cosa che poi comunque facciamo male perché siamo degli inguaribili pasticcioni. E non pensiamo invece a una serie politica dell’immigrazione, che tenga conto che senza l’afflusso di gente nuova l’Italia va in avvitamento di calo demografico e quindi inesorable declino economico. Gli immigrati devono venire in Italia, essere trattati bene e bene accolti. I criminali vanno puniti e con durezza: ed è quel che vogliono anche gli ormai milioni di lavoratori e speriamo presto cittadini di origine extracomunitaria che vivono in Italia.