Cia, torture/ Ma quegli interrogatori hanno dato risultati nella guerra al terrorismo o no?

Pubblicato il 23 Aprile 2009 - 17:42 OLTRE 6 MESI FA

Nel bailamme seguito alle rivelazioni sui brutali interrogatori della Cia sta ora emergendo una domanda che potrebbe avere diverse conseguenze politiche per il presidente Barack Obama e per l’entourage dell’ex-presidente George Bush.

E la domanda che si stanno ponendo gli americani è: questi interrogatori, condannati dai democratici e ritenuti utili dai repubblicani, sono stati efficaci o no nel prevenire altri atti di terrorismo?

Naturalmente, scrive il New York Times, funzionari dell’ex-amministrazione Bush sostengono di si’, con in testa l’ex-vice-presidente Dick Cheney (uno di quelli, molti, che autorizzò gli interrogatori). Solo usando metodi come il ”waterboarding” (un metodo di annegamento simulato) o sbattendo ripetutamente le teste dei prigionieri contro il muro è stato possibile ottenere le informazioni che hanno condotto all’arresto di numerosi esponenti di Al Qaeda. (A dire il vero, lo sostiene anche il direttore della national intelligence, Dennis Blair, nominato da Obama).

Nel campo presidenziale, invece, si tende a screditare quei metodi, che Obama ha proibito, per evitare che nell’eventualità di altri attacchi terroristici la Casa Bianca venga accusata di aver legato le mani alla Cia.

Una commissione nazionale di inchiesta verrà probabilmente creata per capire esattamente cosa è successo, e se quegli interrogatori, che hanno indignato tanti americani (democratici) e lasciato soddisfatti tanti altri (repubblicani), hanno ottenuto gli effetti voluti.

Ora, se dovesse emergere che i prigionieri mezzo affogati e con la testa piena di lividi hanno raccontato solo un sacco di balle, resistendo ai maltrattamenti e ingannando chi li malmenava, cadrebbe in frantumi la principale difesa del campo Bush, secondo cui i metodi impiegati nell’ottenere le informazioni hanno prevenuto nuovi attacchi sul tipo di quello alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001.

In ogni caso, conclude il New York Times, «perfino la più agguerrita commissione di inchiesta non troverebbe facile dimostrare se gli interrogatori hanno in effeti dato risultati o no».