Coldiretti: “La pasta costa di più, ma il grano viene pagato il 28% in meno. Troppa speculazione sui prezzi alimentari”

Pubblicato il 16 Settembre 2009 - 15:41 OLTRE 6 MESI FA

A chi va a fare la spesa la pasta costa sempre di più, ma agli agricoltori il grano è stato pagato il 28% in meno. Lo denuncia la Coldiretti: «i prezzi al consumo di pane, pasta e cereali sono aumentati dell’uno per cento rispetto allo scorso anno, nonostante la multa di 12,5 milioni dall’Antitrust al cartello dei produttori di pasta, mentre il grano duro da cui è ottenuta è calato del 28 per cento. Il grano duro viene pagato oggi 22 centesimi al chilo agli agricoltori mentre la pasta è venduta in media a 1,5 euro al chilo, secondo il servizio sms consumatori, con una moltiplicazione di oltre il 400 per cento dal campo alla tavola se si considerano le rese di trasformazione».

Oltre alle accuse al “cartello del maccarone”, secondo la Coldiretti la situazione dei prezzi del settore agro-alimentare è preoccupante: «I dati relativi all’inflazione nel mese di agosto pubblicati dall’Istat evidenziano una crescita tendenziale del costo degli alimentari che è, senza alcuna giustificazione, di nove volte superiore al valore medio dell’inflazione».

L’unica spiegazione di questo fenomeno sarebbe «la presenza di manovre speculative».

Chi compra paga sempre di più, chi vende guadagna sempre di più, chi produce viene pagato sempre meno con un record «per i cereali con un crollo dei prezzi alla produzione nei campi del 31% rispetto allo scorso anno, ma in campagna sono in calo le quotazioni di vini e oli di oliva che su base annua hanno registrato, rispettivamente, contrazioni del 20% e del 5%, e anche della frutta (-30%)». Nell’attività di allevamento «il confronto su base annua segnala una variazione negativa per i prezzi alla produzione di suini (-9%)». Ancora più accentuato il calo delle quotazioni dei lattiero-caseari, «che rispetto ad agosto 2008 registrano in media una flessione del 15%, mentre segnano un meno 8% i prezzi degli avicoli».

C’è stato «un aumento della forbice dei prezzi tra produzione e consumo nella filiera alimentare lungo la quale i prezzi aumentano quindi in media quasi cinque volte». In generale, «per ogni euro speso dai consumatori in alimenti ben 60 centesimi vanno alla distribuzione commerciale, 23 all’industria alimentare e solo 17 centesimi agli agricoltori».