Il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, in un convegno sull’economia sociale tenutosi a Berlino, ha spiegato perché le banche italiane sono riuscite a salvarsi dagli investimenti in titoli tossici. Numerose ragioni, soprattutto contingenti, derivate dal fatto che i nostri istituti non ne avevano bisogno.
Draghi ha spiegato in generale che, in Italia, non c’era la «predisposizione a investire in cose che non si conoscevano».
Il governatore della Banca d’Italia ha dato anche una opinione più tecnica: «Il sistema bancario italiano negli ultimi tre anni ha attraversato grandi fusioni – ha detto Draghi – Direi che quasi il 70% del mercato, in termini di attività o passività totali, si è fuso in due banche. Questo aveva portato a notevoli “due diligence” nel sistema. Ma c’è anche una ragione strutturale: le banche italiane, infatti, non hanno mai fatto affidamento sulla finanza all’ingrosso. In media il 70% dei finanziamenti è formato semplicemente da depositi al dettaglio e, in generale, dal mercato al dettaglio. Quindi le banche (italiane) emettono obbligazioni, ma ai loro risparmiatori. Sul lato degli asset, poi, gran parte dell’attività è fatta da prestiti di piccole e medie dimensioni. Quindi, in un certo senso, non c’era una predisposizione a investire in cose che non conoscevano. Le banche erano, in media, profittevoli, non avevano veramente bisogno di cercare profitti più alti altrove».