Crisi, Washington Post/ Recessione in Europa sarà più lunga che negli Usa e rallenterà la ripresa globale

Pubblicato il 23 Maggio 2009 - 18:46 OLTRE 6 MESI FA

É stata la crisi finanziaria negli Stati Uniti a provocare la recessione globale, ma ora il più grosso ostacolo sulla strada di una ripresa completa è in Europa, a quanto scrive il Washington Post.

L’economia della Gran Bretagna ha subito il peggior declino trimestrale negli ultimi 30 anni e la produzione di automobili in aprile è precipitata del 55 per cento rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. L’outlook di Standard & Poor sulle finanze pubbliche del Paese è passato da stabile a negativo in quanto il deficit pubblico dovrebbe oscillare tra il 7-10% del Pil nel 2009, mentre il debito pubblico potrebbe avvicinare il 100% del Pil entro il 2013.

Cio’ ha suscitato lo spettro di una perdita della valutazione ”AAA” sui suoi titoli di stato. Ed alcuni Paesi europei, incluse Italia e Germania, sono ancora nelle spire della peggiore flessione economica nella loro soria.

Invece, nove mesi dopo l’inizio della peggiore flessione economica negli Stati Uniti dai tempi della Grande Depressione, il declino comincia ad essere più misurato, mentre gli economisti non riescono a intravedere una analoga situazione nei Paesi europei ed altre nazioni industrializzate come il Giappone, la cui economia, seconda al mondo per importanza, sta anch’essa rallentando la ripresa globale.

Le recessioni in questi Paesi, scrive il Washington Post, saranno più gravi e più lunghe di quella negli Stati Uniti, dove il ritmo della disoccupazione ha rallentato e ci sono segnali di ripresa nei mercati finanziari.

Ci sono, è vero, segni di stabilizzazione in Europa: in Germania, per esempio, la fiducia degli investitori è in rialzo in virtù del fatto che gli ordinativi industriali si stanno stabilizzansdo dopo mesi di severe cadute. Nondimeno, molti economisti, prosegue il Post, sono ora convinti che l’Europa uscirà dalla recessione con un ritardo di tre o sei mesi rispetto agli Stati Uniti.

Economisti ed analisti concordano nel ritenere che ciò è dovuto in parte perchè i Paesi europei si stanno ancora muovendo lentamente verso l’erogazione di stimoli governativi e la ristrutturazione dei loro sistemi finanziari. Alcuni Paesi, come l’Irlanda, sono talmente a corto di fondi che hanno aumentato le tasse nel bel mezzo di una profonda recessione, aggravando la situazione. Inoltre i governi europei solo di recente hanno indicato l’intenzione di condurre approfonditi e sistematici stress test sulle loro banche come è stato fatto negli Stati Uniti.

Eppure, scrive il Post, di questi stress test le banche europee ne hanno bisogno, e subito. Mentre le banche americane hanno eliminato circa la metà dei mille e cento miliardi di dollari in prestiti critici e asset tossici, le istituzioni finanziarie europee hanno finora eliminato meno del 25 per cento dei loro mille e 400 miliardi in prestiti inesigibili dovuti alla crisi, secondo quanto afferma un rapporto del Fondo Monetario Internazionale.

Inoltre, molte tra le principali banche europee hanno investito massicciamente nell’Europa Orientale, dove il rischio di una nuova ondata di fallimenti è considerevole.

I problemi dell’Europa, conclude il Post, sono brutte notizie per la ripresa globale. L’Unione Europea rappresenta infatti quasi un quarto dell’attività economica mondiale, e la sua incerta uscita dalla crisi è suscettibile di rallentare ogni rimbalzo nel commercio mondiale e negli investimenti stranieri.