Crisi/ Segnali di ripresa per l’economia mondiale. Germania, Giappone e Francia tornano a crescere nel secondo trimestre. Ma perché la crescita degli indici di fiducia non si traduce in una vigorosa ripresa della produzione?

Pubblicato il 19 Agosto 2009 - 09:50 OLTRE 6 MESI FA

I germogli della ripresa cominciano a irrobustirsi: con la fine dell’estate si sta esaurendo la   recessione che ha colpito le più grandi economie mondiali negli ultimi mesi. Gli indicatori economici segnalano una schiarita e l’attenzione è adesso concentrata sui tempi e le modalità del riassestamento anche se non si capisce come la fine della congiuntura non si traduca in una ripresa della produzione che rimane stagnante.

Fortunatamente, le lunghe code di risparmiatori in pena che, nell’estate del 2007, prendevano d’assalto gli sportelli della Northern Rock e segnalavano agli occhi del mondo intero l’arrivo della prima crisi finanziaria globale sono sparite. E non ci sono più nemmeno i manager con gli scatoloni in mano che, nell’estate del 2008, abbandonavano in tutta fretta gli uffici della Lehman Brothers, il cui inatteso fallimento rendeva sistemica la crisi e ne trasmetteva il contagio dalla finanza all’economia reale.

L’assenza di nuovi simboli destinati ad entrare nell’immaginario collettivo e nella memoria di tutti è il segno che l’estate del 2009 non è paragonabile a quella dei due anni precedenti e che la recessione sta forse davvero finendo.

I segnali di miglioramento del clima economico generale non mancano. Conferme arrivano anche dall’autorevole Financial Times. La Germania, la più importante economia europea, lancia segnali di ripresa e anche il Fondo Monetario Internazionale ha identificato un lento ma nascente miglioramento.

Inoltre, l’Istituto di analisi tedesco  Zew in Mannheim ha affermato che l’indice di fiducia degli investitori è balzato da 16,6 punti a 56,1 punti nel mese di agosto. Il punteggio più alto da tre anni a questa parte.

Anche l’Istituto tedesco IAB, che fa ricerche sul mercato del lavoro, ha detto che è probabile che il paese emerga dalla flessione brutale di quest’anno senza soffrire un aumento di disoccupazione su vasta scala, grazie alle politiche del governo sui sussidi.

L’economista capo del Fmi, Olivier Blanchard, ha scritto sul Sole 24 Ore che sta avvenendo il recupero mondiale ma ha messo in guardia che i policymakers stanno camminando su una fune nel tempo fino a quando finirà lo stimolo fiscale.

Il Giappone, la Germania e la Francia sono ritornati a crescere nel secondo trimestre, secondo i dati pubblicati nei giorni scorsi, mentr4e la maggiorparte degli economisti pensa che la recessione americana sia finita o comunque si stia avviando ad una conclusione.

«L’inversione di tendenza non sarà semplice – ha affermato Blanchard – la crisi ha lasciato profonde cicatrici, che influenzeranno sia l’offerta che la domanda per molti anni a venire». Il recupero sarà lento. Un dato inquietante è l’indice di disoccupazione: è al 9,4% negli Stati Uniti e sopra il 10 in alcune parti d’Europa.

I segnali di ripresa non mancano, quindi. Ma la fine o il rallentamento della caduta produttiva equivalgono davvero all’inizio di una ripresa solida e duratura? Il fantasma della stagnazione è sempre dietro l’angolo e c’è un dato che sta attirando le attenzioni degli economisti: perché la crescita degli indici di fiducia delle principali economie non si traduce, almeno per l’Occidente, in una vigorosa ripresa della produzione?

Intanto sono usciti i dati dell’Ocse che confermano il buon andamento di Francia e Germania, mentre Italia e Gran Bretagna rimangono i fanalini di coda dell’Europa.