Disoccupazione: sono i padri di famiglia la “zavorra” che la crisi butta in mezzo a una strada

Riccardo Panzetta - Scuola superiore Giornalismo Luiss
Pubblicato il 26 Maggio 2009 - 13:29 OLTRE 6 MESI FA

Ha puntato l’indice contro gli ammortizzatori sociali anti-crisi giudicati «davvero modesti» e ha chiesto che i lavoratori non siano trattati come un’ «inutile zavorra». Il cardinal Angelo Bagnasco è severo nella sua rampogna, all’apertura dei lavori della 59esima Assemblea generale della Conferenza episcopale.

Ma chi sono queste «zavorre»? Il rapporto annuale dell’Istat prova a tracciare un identikit: il nuovo disoccupato ha tra i 35 e i 54 anni, maschio, è residente al Centro-nord, con un livello di istruzione non superiore alla licenza secondaria, coniugato o convivente, ex titolare di un contratto a tempo indeterminato nell’industria.

A pagare dazio, a causa della recessione, non sono soltanto banchieri e manager. O le fasce tradizionalmente deboli del mercato del lavoro come i meridionali, i giovani, i precari, le donne. La novità della crisi è che adesso, a perdere il posto, sono “i padri di famiglia”, che magari portavano a casa stipendi medio-bassi, ma sufficienti per permettere a moglie e figli di condurre un’esistenza dignitosa.

La crisi ha mietuto vittime anche tra gli stranieri. Al punto che nel quarto trimestre del 2008 la quota dei disoccupati stranieri è arrivata a superare il 10 per cento del totale dei senza lavoro, contro il 6,1 per cento del primo trimestre del 2005. «In particolare – rileva l’Istat – gli stranieri tra i 40 e i 49 anni accusano più degli altri gli effetti della fase recessiva, e spiegano circa il 50 per cento dell’incremento della disoccupazione maschile».

Quella dei maschi adulti, italiani o stranieri, con famiglia a carico rappresenta la fascia più vulnerabile in un contesto di generale deterioramento delle condizioni del mercato del lavoro: infatti nel 2008, per la prima volta dal 1995, la crescita degli occupati (183.000 unità) è inferiore a quella dei disoccupati (186.000 unità).

Restano senza lavoro quelli che hanno un contratto a termine, o atipico. Ma finiscono in mezzo a una strada anche i titolari di un contratto a tempo indeterminato (+32 per cento nel 2008). In dettaglio, questa l’analisi dell’Istat: «Un disoccupato su quattro ha un’età compresa tra i 35 e i 44 anni, mentre l’aumento delle persone tra 35 e 54 anni spiega quasi i due terzi dell’incremento totale della disoccupazione. Si è passati nel tempo da una disoccupazione da inserimento, essenzialmente concentrata nei giovani con meno di 30 anni fino alla metà degli anni Novanta, a una sempre più adulta. Nel corso del 2008 questa tendenza ha accelerato».

Ma se i padri piangono i figli, non ridono. Vittime di un mercato del lavoro che li respinge, i giovani restano a spasso. Il tasso di occupazione giovanile, pari al 42,9 per cento, nel 2008 è sceso infatti di sette decimi di punto rispetto al 2007. I più colpiti sono quelli con un basso livello di istruzione.

E se viene meno il lavoro aumenta proporzionalmente la povertà. Secondo l’Istat, in Italia un milione e 500.000 famiglie (il 6,3 per cento del totale) arriva alla fine del mese «con grande difficoltà». Nell’81,1 per cento dei casi, queste famiglie non sarebbero in grado di affrontare una spesa imprevista di 700 euro. E chi arranca con il bilancio familiare non può permettersi di riscaldare adeguatamente l’abitazione (45,8 per cento), ha difficoltà ad acquistare vestiti (62,9 per cento) o ad affrontare le spese per malattie (46,6 per cento).

E se ci sono 10 milioni di famiglie “agiate”, residenti soprattutto al Nord, in Trentino e Val d’Aosta, ci sono anche quelle in una fascia intermedia. Non hanno difficoltà economiche eccessive, ma non risparmiano. Infine i nuclei considerati “vulnerabili”. Si tratta di 2,5 milioni di famiglie, il 10,4 per cento del totale: sono a basso reddito, una parte ha una casa di proprietà, una parte vive in affitto. La loro vulnerabilità è data dal fatto che contano su un solo percettore di reddito, che nel 41,4 per cento dei casi ha preso soltanto la licenza elementare.