Ormai è allarme mondiale. Le autorità sanitarie dicono: “Non baciatevi”. Cresce di ora in ora l’allarme anche in Italia per l’epidemia di “febbre suina”.
Partita dal Messico, dove i morti sono 81 e le scuole sono state chiuse, si è diffusa ormai in altri paesi dell’America Latina e in più stati degli Usa, dalla California al Texas, dal Kansas a New York. A New York si sono registrati otto casi: studenti, ammalati in forma lieve.
Allarme anche in Nuova Zelanda.
Sul sito del Ministero www.ministerosalute.it sono state pubblicate domande e risposte ai quesiti più frequenti sull’influenza suina e copie degli opuscoli informativi per i viaggiatori in entrata e in uscita dai Paesi colpiti dal virus.
Sul piano mondiale, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha lanciato l’allarme “febbre suina”, epidemia che in Messico (dove sta per partire una vaccinazione di massa) ha già causato settanta morti accertati. Gli Usa temono possa essere troppo tardi per fermarla, ma l’Oms rassicura: “abbiamo l’antivirale”; il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, è costantemente informato sulla situazione.
In Italia il Ministero del Lavoro, Salute e Politiche sociali ha emesso una nota: “È stata allertata la rete di controllo Influnet del Ministero. L’Italia dispone di un preciso piano concordato con gli altri Stati dell’Unione Europea di preparazione e risposta ad un’eventuale pandemia influenzale e di ampie scorte di farmaci antivirali da utilizzarsi in caso di necessità“.
Per i casi d’influenza suina riscontrati negli Usa si può parlare di virus “oriundo”, come si diceva un tempo dei calciatori, mezzo americano mezzo europeo:secondo Pietro Crovari, epidemiologo dell’Istituto di Igiene e Medicina Preventiva dell’Università di Genova, “il virus ‘A H1N1’ individuato negli Usa, sicuramente di origine suina, presenta l’antigene per l’emoagglutinina (contraddistinto dalla sigla H) di virus suini Usa, mentre l’antigene N (neuroaminidasi) è di origine europea”. Quindi, “il cocktail che si è realizzato nel corso di una serie di passaggi e di trasformazioni genetiche è sicuramente “nuovo”, largamente sconosciuto al sistema immunitario umano. Questo spiega l’attenzione prestata dalle autorità sanitarie al rischio di una possibile epidemia nelle aree colpite. In teoria, infatti, tutte le persone potrebbero esser esposte al contagio, che si trasmette da uomo a uomo attraverso il respiro, come del resto avviene per tutti i virus influenzali. Tuttavia va ricordato che il virus non appare particolarmente aggressivo – nei nove casi USA non sono stati riscontrati decessi e solo una persona ha dovuto essere ricoverata per due giorni – e che per il momento ha interessato esclusivamente persone tra gli 8 e i 40 anni”.
“Questo fa pensare – chiarisce Crovari – ad una possibile azione protettiva della vaccinazione, che negli USA interessa sia gli anziani che i bambini”. Per quanto riguarda le terapie, “gli studi di laboratorio hanno dimostrato che il virus è sensibile agli inibitori della neuraminidasi, cioè zanamivir e oseltamivir, mentre non risponde ad amantadina e rimantadina”
Conclude Crovari: “I farmaci rappresentano un fattore chiave per circoscrivere i focolai e ridurre la virulenza delle singole infezioni, nell’attesa di un vaccino che potrebbe essere disponibile per il prossimo inverno”.
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