Federalismo fiscale: cosa cambierà per cittadini, Comuni e Regioni?

Pubblicato il 30 Aprile 2009 - 14:27 OLTRE 6 MESI FA

Che cosa cambierà per i cittadini con la legge, appena approvata, sul federalismo fiscale? La nuova norma concede l’autonomia impositiva a Regioni e Comuni. Il sistema, regolato dall’articolo 119 della Costituzione, prevede un fisco a più livelli: non solo lo Stato ma anche gli enti locali potranno riscuotere le tasse e utilizzarle sul proprio territorio. Si spende quanto si incassa, insomma.

Uno degli obiettivi della legge è ridurre gradualmente la pressione fiscale. Il rischio è che gli enti locali possano aumentare le tasse. Ecco perché il governo fisserà, con un decreto attuativo, un limite massimo della pressione fiscale complessiva sui contribuenti. Sulla carta, il federalismo ha il merito di garantire più trasparenza e più possibilità di controllo da parte dei cittadini, quindi meno sprechi.

Regioni e Comuni potranno finanziare l’erogazione dei servizi con un fondo perequativo (il fondo istituito nel 2001 per compensare eventuali squilibri tra le regioni e garantire a tutte determinati servizi), l’accesso al gettito erariale (le entrate dello Stato), in particolare all’Iva, tributi propri, l’addizionale regionale Irpef e l’Irap (ma questa imposta solo in via transitoria in vista di un superamento).

Le città metropolitane sostituiranno le province, ma solo dove sono previste: cioè, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria e Roma capitale. Quest’ultima avrà nuove funzioni e un patrimonio proporzionale. Sul resto del territorio le province continueranno a esistere.

Con il federalismo, le Regioni non potranno introdurre forze di polizia locali e, per quanto riguarda l’istruzione, avranno autonomia solo sulle spese amministrative, non sui contenuti.

Quanto costerà complessivamente la riforma? Non ci sono ancora dati certi, la copertura finanziaria sarà determinata caso per caso con l’approvazione dei decreti attuativi. La legge sul federalismo dovrà comunque essere compatibile con il Patto di stabilità e crescita, stipulato dai paesi membri dell’Unione europea, e l’istituzione delle nuove città metropolitane non dovrà comportare nuovi oneri per le finanze pubbliche.

Carlotta Macerollo
(Scuola Giornalismo Luiss)