Fini: Attenzione a scarsa mentalità democratica e a sindrome da “Deserto dei tartari”

Pubblicato il 18 Giugno 2009 - 10:55 OLTRE 6 MESI FA

In Italia «stenta ad affermarsi una mentalità da democrazia matura». Lo ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, introducendo a Montecitorio il convegno su “Nazione, cittadinanza, Costituzione”.

Secondo Fini  «la tenuta complessiva della nostra società, la sua interna coesione, la sua convinzione di avere un futuro migliore del presente appare perennemente precaria» e «da tempo s’avverte nel Paese un malessere diffuso».

Il presidente della Camera ha sottolineato: « La necessita’ di valori condivisi e’ riconosciuta, almeno a parole, da tutti, ma tale aspirazione risulta di fatto smentita dal frequente ricorso alla delegittimazione reciproca tra avversari politici. «Sono convinto che la nostra società e la nostra democrazia siano assai più solide di come possono apparire talvolta, però disorientamento, sfiducia e paura risultano sentimenti diffusi e in crescita». Insomma, per Fini, «è debole la percezione dei valori e degli interessi che uniscono gli italiani», e così« quando accade, non di rado, che di fronte alle tragedie o alle emergenze vere l’Italia si scopra unita, solidale e efficiente, i primi a stupirsene sono gli stessi italiani. E’ accaduto per Nassirya come per il terremoto».

«Una delle pulsioni che più ci caratterizza, ha infatti aggiunto, si traduce nel paventare l’aggressione di chi sa quale nemico, interno o esterno. Non c’è modo migliore per tratteggiare tale ansia, che rileggere “Il deserto dei tartari di Dino Buzzati». Fuori della metafora letteraria, ha concluso Fini,  si può «dire che è diffusa in Italia una mentalità da emergenza continua, quasi fossimo sempre all’ultima spiaggia. Non nego l’esistenza di gravi difficolta’ nella vita nazionale, a partire dalla crisi economica», ma «l’elenco dei problemi che affliggono la nostra vita collettiva è antico, noto, e sarebbe superfluo ora compilarlo. Al di là della doverosa considerazione delle debolezze strutturali del nostro sistema e di nuove criticità, dobbiamo riconoscere che non si tratta di questioni molto diverse da quelle che interessano qualsiasi altro Paese europeo».

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