L’obbligo di rettifica per i “siti informatici”? Una scusa del Governo Berlusconi per imbavagliare Internet

di Giuseppe Giulietti
Pubblicato il 11 Giugno 2009 - 19:09| Aggiornato il 13 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Non bastava il controllo assoluto dell’informazione radiotelevisiva ma era necessario colpire anche la rete.
Le recenti elezioni hanno dimostrato come Internet sia oramai rimasto il solo strumento utile per accedere ad una libera informazione, priva di controllo o censura, anche sui temi della politica.

Evidentemente il Governo ha ritenuto di dover intervenire per reprimere anche l’ultimo spazio di democrazia attraverso un  provvedimento che, pur non riguardando affatto la Rete, imbriglia e censura la libertà di opinione e di accesso alle informazioni, tutelata dalla Costituzione. Altro che conflitto di interessi.

Sotto il profilo giuridico, se ci riferiamo all’attività di informazione svolta dai mezzi di informazione tradizionali, la disciplina dell‘accountability delle informazioni in vigore è già molto rigida ed ampiamente disciplinata poiché i giornalisti sono soggetti alla legge sull’ordinamento della professione di giornalista (legge n. 69/1963) e alla Carta dei doveri del giornalista e alla vigilanza da parte dell’Ordine. La tutela dell’informazione in ambito comunitario arriva al punto che la stessa Corte europea ha dato risalto all’interesse generale alla divulgazione dei documenti nonostante la loro provenienza illecita.

Per quanto riguarda invece i siti di informazione “non tradizionali” costituiti perlopiù da semplici utenti (blogger amatoriali) va evidenziato che  la norma proposta è in violazione di uno dei principi fondamentali espressi dalla nostra carta costituzionale (art. 21 Cost.) che autorizza la libera manifestazione di pensiero in tutte le sue forme salvo che non si tratti di attività contrarie al buon costume.

In caso di informazione veicolata attraverso siti informatici “non tradizionali”, la norma in vigore (art. 16, D.Lgs. 70/2003) dichiara che il prestatore del servizio (hoster) non è responsabile dei contenuti memorizzati salvo che non sia a conoscenza dell’illiceità dell’informazione. Con “informazione illecita” si intende una informazione contraria alla legge: le informazioni non veritiere o lesive della persona non sono sempre illecite.

L’articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali sancisce, infatti, che il diritto alla libertà di espressione, tra cui si menziona la libertà di ricevere informazioni (dalle fonti della notizia), è tutelato senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche.

Ulteriore criticità è la concreta applicazione della norma proposta relativamente alla definizione e identificazione di siti di informazione, poiché la norma stessa risulterebbe di difficile applicazione nel caso di piattaforme che tipicamente ospitano contenuti realizzati da utenti terzi, perlopiù non identificabili direttamente ma tramite un indirizzo e-mail, come Youtube, Facebook, ecc.

Negli Stati Uniti, l’accountability dell’informazione fornita da siti di informazione “non tradizionali” o non di stampo giornalistico viene demandata alla capacità di discernimento della stessa utenza, con il risultato di perdita sia in termini di utenti che di credibilità, di fronte ad una costante veicolazione di informazioni ritenute non veritiere. In Francia, la Corte Costituzionale ha censurato la discussa legge su Internet, ribadendo la validità dei diritti fondamentali della libertà di espressione e comunicazione (che può essere limitata solo dall’Autorità giudiziaria) e confermando – al contrario di quanto sostenuto dal Ministro della Cultura francese – che Internet è un diritto fondamentale.

In queste ore tutti questi temi sono rimasti in ombra e le informazioni sostanziali non sono neppure arrivate ai diretti interessati. Le norme relative alla rete costituiscono  un altro aspetto della aggressione in atto nei confronti del pluralismo editoriale già,  profondamente sfigurato dai conflitti di interesse e dalle concentrazioni della proprietà e delle reti in pochissime mani.

Per queste ragioni l’associazione Articolo 21 ha deciso di costituire , insieme con Libera Informazione, un comitato composto da avvocati, da giuristi e da costituzionalisti con il compito non solo di disattivare le norme ma anche di creare le immediate condizioni affinché la Corte Costituzionale e la Corte di Giustizia Europea possano esprimere l’inevitabile giudizio di bocciatura.