Google Earth sotto accusa: ha svelato i segreti delle antiche caste giapponesi

Cristina Raschio (Scuola Superiore di Giornalismo Luiss)
Pubblicato il 11 Maggio 2009 - 18:17 OLTRE 6 MESI FA

Il governo giapponese ha denunciato il servizio “Maps” di Google Earth per aver pubblicato delle mappe storiche e dettagliate di alcune città nipponiche che mostravano con precisione alcuni quartieri dell’antichità. Quei quartieri che erano destinati ai “burakumin”, la casta più umile e bassa della società.

Le mappe di Google Earth hanno infatti messo bene in evidenza le aree in questione. Una di queste si trova a Tokio, è chiamata “eta” (in giapponese significa “massa sporca”) e con un semplice click è possibile vederne le strade e gli edifici.

I burakumin erano coloro che “macchiavano” il loro spirito perché impegnati in lavori a stretto contatto con il sangue come il boia, il becchino e il conciatore.

Oggi, anche se le caste non ci sono più e i discendenti dei burakumin sono poco più di 3 milioni su una popolazione totale di circa 127 milioni di persone, i pregiudizi nei loro confronti sono però più che mai vivi. E Google non ha fatto altro che renderli ancora più forti svelandone i luoghi e le aree terre d’origine.

Una donna che lavora presso l’ufficio personale di una grande compagnia giapponese ha infatti confermato che tali pregiudizi esistono rivelando che la sua società esclude dalle offerte di lavoro tutti coloro che discendono dalla casta burakumin.

Secondo Toru Matsuoka, membro della camera più alta del Parlamento nipponico, se mai dovessero verificarsi degli incidenti a causa di queste mappe che circolano in Rete, Google verrebbe accusata di pregiudizi. A sollevare la questione lo scorso 17 marzo è stato proprio lo stesso Matsuoka, che è anche segretario generale della Lega per la liberazione dei Burakumin. Dopo due settimane dalla denuncia, le mappe incriminate sono state letteralmente spazzate via dal Web.

Il gigante della ricerca su internet ha dichiarato però di avere agito entro i limiti della legalità. In un comunicato ha ribadito inoltre di «tenere profondamente alla tutela dei diritti umani e di non avere intenzione di violarli».

Il portavoce di Google Giappone, Yoshito Funabashi, ha anche sottolineato che la compagnia non è proprietaria delle mappe, ma che le fornisce semplicemente agli utilizzatori. Esse, infatti, sono proprietà dell’Università di Berkeley in California e la loro versione digitale appartiene a David Rumsey, un esperto del settore che conserva circa 100mila mappe storiche del Giappone.