Grillo e Di Pietro attacco al Pd/ L’opposizione nel caos garanzia d’immortalità per il governo Berlusconi

Pubblicato il 13 Luglio 2009 - 14:04 OLTRE 6 MESI FA

Beppe Grillo va avanti col suo progetto Pd. Anticipa che l’unico con cui farà alleanze è Antonio Di Pietro. E fa pensare a chi trarrà vantaggio da tutto questo caos: certo non la povera Italia, certo non le classi che un partito dovrebbe rappresentare (secondo lui destra o sinistra non fa differenza), certamente sì Berlusconi, che dal caos che si preannuncia in casa del principale avversario, il Pd,  può solo trarre respiro e giovamento. Noemi? Le orge a Palazzo Grazioli? Patrizia e le altre escort? Lasciali dire, hanno ben altre rogne da grattarsi, ora che la loro stessa esistenza è in gioco.

Ha preso la tessera: «Mi sono iscritto stamattina ad Arzachena e ho pagato i 16 euro di quota», ha detto in un’intervista.

Ha già “scritto” anche il programma. «Voglio un partito a cinque stelle, serio. Che sia di destra o di sinistra non mi interessa. Il partito del parlamento pulito, il partito del conflitto di interesse, delle concessioni televisive. Deve parlare di acqua pubblica e non privata, di energie rinnovabili, del nucleare, di edifici passivi, del wi-fi libero e gratuito per tutti». Tutte cose su cui, sostiene Grillo, gli attuali dirigenti del Pd «non hanno mai detto niente».

L’idea di fondo è sempre la stessa, quella delle liste civiche che debuttarono alle politiche del 2008: «Il partito è un vaso comunicante, travasiamo un po’ di cittadini dentro la politica».

«Dobbiamo riempire un vuoto – ribadisce il comico genovese – che dura da vent’anni. Un vuoto di finta opposizione, di comitati d’affari, di “fassini”, di “dalemini”, di gente inesistente che sta lì e non si capisce perché e cosa ha fatto».

«Loro – incalza Grillo – sopravvivono perché sono chiusi dentro il loro loft con le sovvenzioni satali. C’è bisogno di far entrare aria fresca. Sono al buio e ammuffiti, si sente odore di naftalina. Dicono cose che non hanno senso e sono esileranti».

E sul “muro” che i democratici, ad eccezione di Ignazio Marino, ha posto davanti alla sua candidatura, ironizza: «Se troveranno che il terzo comma del quarto paragrafo bis… del loro statuto dice che non posso candidarmi ne pagheranno le conseguenze. Io l’ho letto tutto e non c’è motivo per escludermi».