Guernsey, l’isola nella Manica dove i miliardari britannici se la godono pagando al massimo il 20 per cento di tasse

Pubblicato il 10 Agosto 2009 - 15:25 OLTRE 6 MESI FA

Il panorama della Manica e della frastagliata costa occidentale di Guernsey che si gode dalla megavilla da sei milioni di sterline (circa l’equivalente in euro) di Guy Hands è splendido, ma il finanziere britannico non è venuto in questo possedimento separato della Corona britannica nel canale solo per la vista. Hands ci è venuto perchè la massima tassazione è del 20 per cento e non ci sono prelievi fiscali sui redditi da capitale.

A quanto riferisce il New York Times, Hands, 49 anni, non è certo l’unico cittadino britannico che a Guernsey si avvantaggia della scappatoia che consente ai sudditi di Sua Maestà di non essere residenti e tuttavia mantenere i loro passaporti, a condizione che non trascorrano più di 90 giorni l’anno sul suolo britannico. Ma il vecchio trucco di spostare la residenza  in una delle isole della Manica, a Monaco o nelle isole Cayman, mantenendo i propri affari, legami sociali e culturali in Patria sta diventando più difficile, perchè le autorità britanniche stanno dando una stretta ai freni.

L’aumento della vigilanza britannica coincide con quella di altri Paesi che intendono colpire l’evasione fiscale nel mondo. Trasferirsi in un paradiso fiscale è un fenomeno ancora raro tra i ricchi, mentre è diffusa la pratica di spostare ingenti somme di denaro all’estero senza informare le autorità del Paese di residenza.

Quantificare il fenomeno è’ difficile, ma secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), ricchi individui possiedono all’estero migliaia di miliardi di dollari, il che significa miliardi di perdite annue per le autorità fiscali dei loro Paesi. E l’aumento della massima tassazione al 50 per cento in Gran Bretagna ha sollevato tra i ricchi una valanga di critiche, assieme alla minaccia di lasciare il Paese. Stessa cosa negli Stati Uniti, dove si comincia a parlare di inasprimenti fiscali.

Hands spera di sfuggire alle grinfie del fisco britannico.  I suoi avvocati, infatti, sostengono non solo che i fondi della sua azienda, Terra Firma Capital Partner, sono amministrati a Guersney, ma anche che il finanziere si è pubblicamente impegnato a non tornare in Gran Bretagna nell’immediato futuro, il che potrebbe stabilire senza ombra di dubbio che è un residente di Guersney.

Ma non è detto che ci riesca. Gli esperti fiscali britannici rilevano che sua moglie, proprietaria della loro magione nella campagna del Kent, a sudest di Londra, opera nel settore alberghiero in Gran Bretagna, che tre dei loro figli frequentano scuole britanniche e che la maggioranza dei dipendenti di Terra Firma, una sessantina, lavorano nell’ufficio di Londra. Tutte cose che potrebbero por fine all’esilio dorato del finanziere a Guernsey.

Lyndon Trott, l’ex-speculatore in valute estere che ricopre la carica di ”primo ministro” di Guersney, si difende. «L’isola non è un paradiso fiscale, ma solo un luogo dove le tasse sono basse», dichiara. Trott dice che gli aumenti fiscali in Gran Bretagna sono stati «un buon affare» per Guersney, ma ammette che anche l’isola è stata investita dalla crisi economica globale, al punto da prevedere un deficit di bilancio per la prima volta da 30 anni. «Solo se portassimo la massima tassazione dal 20 al 23 per cento il deficit sarebbe colmato», dichiara, per poi aggiungere subito che «l’isola non lo accetterebbe mai, perché la tassa del 20 per cento è sacrosanta».