Il delitto di Perugia, la povera Meredith/ Amanda Knox e Raffaele Sollecito: la famiglia della giovane inglese uccisa testimonia al processo contro di loro

Pubblicato il 7 Giugno 2009 - 12:29 OLTRE 6 MESI FA

Il padre, la madre e la sorella di Meredith Kercher, John, Arline e Stephanie, si sono recati sabato 6 giugno al palazzo di Giustizia di Perugia dove si svolge il processo a Raffaele Sollecito ed Amanda Knox, accusati dell’omicidio della studentessa inglese, a quanto riferisce l’Agi.

I congiunti di Mez sono stati citati come testimoni dagli avvocati Francesco Maresca e Serena Perna che li rappresentano come parte civile. In una dichiarazione diffusa venerdì sera Stephanie Kercher ha spiegato che la famiglia è a Perugia “per chiedere giustizia e per dire cosa è successo a una persona speciale come Meredith che era arrivata qui solo per studiare”.

“Se fosse stata aggredita, Meredith avrebbe lottato fino alla fine contro i suoi aggressori”, ha detto la sorella Stephanie, ricordando che Meredith “aveva un carattere molto forte e anche fisicamente era molto forte”.

“Era molto passionale per le cose che riteneva importanti – ha proseguito Stephanie – ha lottato molto anche per venire in Italia. Non vedeva l’ora di raggiungere Perugia e, prima di partire, in Inghilterra ha fatto anche due lavori”.

Stephanie ha quindi ricordato che Meredith amava molto l’Italia e avevano progettato insieme anche di visitarla. “Credo che una volta conclusa l’universita’ sarebbe voluta restare a Perugia”, ha concluso Stephanie. Di Amanda Knox la sorella di Meredith ha ricordato che Mez le diceva “cantava sempre”.

“E’ uno choc tremendo mandare tua figlia a studiare e poi lei non torna più. Non lo supereremo mai”, ha detto la madre di Meredith, Arline Kercher. “La cerco ancora”, ha aggiunto visibilmente commossa. “La morte di Meredith – ha detto – è stata incredibile, surreale. Non è solo la morte, ma la brutalità e la violenza”.

Il quotidiano britannico Daily Mirror ha intervistato il padre di Meredith, John, che ha ricostruito le sue ultime ore prima di essere informato che la figlia era morta.

”Ho sentito Meredith al telefono l’ultima volta alle 14,15 del primo novembre”. Poi il giorno dopo ore di angoscia una volta appresa la notizia che una ragazza inglese era stata uccisa in Italia. Fino a quando, il 2 novembre, ricevette una telefonata dal Daily Mirror in cui apprese che il nome della ragazza uccisa era Meredith.

Riguardo alla sera del primo novembre, la madre di Meredith ha riferito che la figlia “era molto stanca perché aveva fatto tardi la sera prima, quella di Halloween”. “Stava per andare da amici – ha detto – ma sarebbe tornata presto, anche perché aveva da fare un tema e voleva completarlo prima di partire”.

É “l’azione manuale asfittica” ossia il soffocamento, secondo il medico legale Gianaristide Norelli, consulente di parte civile della famiglia Kercher, la causa principale della morte di Meredith. L’esperto lo ha detto  in aula durante la sua testimonianza. 

Al termine della deposizione, l’avvocato Maresca ha spiegato come per il consulente le lesioni “da arma bianca sul collo di Meredith non sono quelle finalizzate direttamente alla morte”, ma possono essere collegate “ad un’azione di minaccia”. “A parere del nostro consulente – ha proseguito il legale – il soffocamento è stata la causa principale che ha portato alla morte di Meredith” e che può essere ricondotta a una “volontà omicida”.

L’udienza sta ora proseguendo con la deposizione di un’altra consulente della famiglia Kercher, la genetista forense Francesca Torricelli.