Iran/ Giochi di forza a Teheran. Mentre Mousavi annuncia di non voler mollare la protesta, Ahmadinejad gli ruba il simbolo: “Neda è una martire vittima di agenti stranieri”

Pubblicato il 29 Giugno 2009 - 20:06 OLTRE 6 MESI FA

Mentre la televisione nazionale manda in onda programmi di approfondimento sulle proteste delle ultime due settimane, a Teheran gli equilibri di regime, dopo lo  scossone, sono in una fase di assestamento. Sulla pagina di facebook di Houssein Mousavi, il candidato sconfitto alle presidenziali capeggia un messaggio: “Lo staff di Mousavi non si arrende, non ha intenzione di lasciare il paese e resisterà fino alla vittoria”.

Il Consiglio dei Guardiani è passato al contrattacco e ha avviato la procedura di autenticazione delle schede elettorali, ordinando la verifica ufficiale soltanto per il 10 per cento dei voti.

Intanto il presidente Ahmadinejad ha giocato un’altra carta per sedare i malumori e riportare la situazione alla normalità, disponendo l’apertura di un’inchiesta sulla morte di Neda Agha Soltani, uccisa il 20 giugno durante le manifestazioni post-elettorali nelle strade della capitale.

La propaganda di regime si muove su due livelli: per cercare di allentare le tensioni nel paese e non perdere consensi, da un lato paventa punizioni esemplari per i rivoltosi e dall’altro ribalta la verità della cronaca delle ultime settimane.

Sfrutta la televisione per fare proselitismo: secondo la tesi di alcuni opinionisti assoldati da un programma nazionale, Neda sarebbe stata ammazzata da agenti stranieri con l’obiettivo di fomentare le rivolte e intensificare il malcontento. La giovane manifestante, colpita morte a soli 27 anni, è diventata una martire per il regime degli ayatollah. Per una nazione a maggioranza sciita, che commemora e protegge i martiri dell’islam, questa mossa del “copyright” potrebbe avere effetti positivi sull’opinione pubblica.

Per avvalorare la tesi di un complotto estero per manipolare le menti degli iraniani è stata mandata in onda un trasmissione di lutto per otto militari basij che sarebbero stati uccisi da colpi di pistola sparati in aria. Ma chi avrebbe sparato contro il corpo di volontari disseminati per ogni angolo di Teheran per proteggere i principi della rivoluzione islamica da insidie di facinorosi?

Seminando negli animi nazionalisti degli iraniani il dubbio di essere stati manipolati da poteri internazionali gli uomini di Ahmadinejad tentano di riprendere le redini del paese. Secondo alcuni analisti molto dipende dalla capacità del riformista Mousavi di mantenere acceso il fuoco della rivolta contro i presunti brogli di regime. Appare difficile che ci riesca, se dalle autorità arriva una secca conferma dei risultati elettorali senza alcuna possibilità di replica. E proprio ora che Teheran ha preso la palla al balzo per saldare i vecchi conti con la Gran Bretagna, mettendo fuori dal gioco diplomatici e giornalisti, la soluzione è sempre più lontana.

Nonostante Twitter, Facebook e YouTube è il Consiglio dei Guardiani che decide come pilotare l’informazione, specialmente perché l’Iran non è fatto solo dai giovani istruiti, tecnologici e benestanti che vivono a Teheran.