La superdiga di Genova bloccata dai costi e dai tempi: a rischio un pezzo di pnrr e la concorrenza col Nord Europa

La superdiga di Genova bloccata dai costi e dai tempi: a rischio un pezzo di pnrr e il futuro di un grande porto, nella concorrenza col Nord Europa

di Franco Manzitti
Pubblicato il 17 Luglio 2022 - 08:38 OLTRE 6 MESI FA
La superdiga di Genova bloccata dai costi e dai tempi: a rischio un pezzo di pnrr e la concorrenza col Nord Europa

La superdiga di Genova bloccata dai costi e dai tempi: a rischio un pezzo di pnrr e la concorrenza col Nord Europa

A Genova c’era già la data dell’inizio lavori, gennaio 2023. I tempi di costruzione, quattro-cinque anni. Il costo di partenza 1 miliardo e 300 milioni, il costo iniziale 950 milioni.

E anche il parere favorevole del Ministero delle Infrastrutture e del Comitato dei Lavori Pubblici, l’entusiasmo di tutte le istituzioni liguri. Il “lancio” personale del Ministro, Enrico Giovannini. Il tifo di tutta la città portuale e non solo.

La Superdiga di Genova, costruita in mezzo al mare, cinquecento metri al largo di quella attuale, targata fine Ottocento, per consentire al porto di accogliere le super navi lunghe 400 metri, altrimenti dirottate sui grandi porti europei era la scommessa numero uno. Non solo dei genovesi, ma dell’intero paese, che attraverso il governo l’aveva considerata il cantiere numero uno del Pnrr, l’opera chiave per dimostrare la capacità di realizzo italiana.

Era, e chissà se lo sarà ancora, un’opera capace di rivoluzionare non solo il sistema dei trasporti italiano con l’attrazione del grande traffico mondiale verso la privilegiata base genovese. Ma anche la città una volta Superba, proprio per la capacità di dominare i traffici.

Genova sarebbe cambiata radicalmente, prolungandosi in mare di quei 500 metri, convertendo tutti i suoi collegamenti tra le banchine e il sistema infrastrutturale. Dove “brilla” il nuovo ponte San Giorgio, costruito in un battibaleno sulle macerie del Morandi.

Per ora questo mega progetto rivoluzionario si è arenato su un fondale di fango, a 40-50 metri di profondità, trascinato a picco dal clamoroso ritiro dal bando dei due gruppi in concorrenza per questa opera kolossal.

In corsa da mesi c’erano Fincantieri e We Build del super costruttore Salini, con Fincosit e Sidra, un gruppo fortemente partecipato da Cassa Depositi e Prestiti e Eteria, cioè Caltagirone e Gavio più Rcm e il fortissimo net work spagnolo Acciona.

Alla data di scadenza per presentare le offerte nell’ufficio nobile di Palazzo san Giorgio, sede dell’Autorità di Sistema Portuale, non è arrivata nessuna busta. E si è scatenato l’inferno intorno all’opera che i faraoni di Genova consideravano oramai scontata, come è d’abitudine in questa città, che da decenni se non secoli aspetta invano opere chiave. Come il famoso Terzo Valico ferroviario (dovrebbe collegare con 35 km di gallerie Genova a Milano in meno di 45 minuti). E la Gronda, supertangenziale tra le autostrade che piombano a Genova( dovrebbe liberare la congestione di traffico con 45 chilometri di gallerie).

L’obiezione che ha stoppato la gara come un enorme macigno sono il vertiginoso aumento dei costi delle materie prime, innescato dalla guerra e il calcolo di un tempo molto più lungo per realizzare l’opera.

Al prezzo iniziale andrebbero aggiunti altri 500 milioni di euro e il tempo potrebbe allungarsi di diversi anni. Una ipotesi addirittura prevede più di 10 anni di lavori.

All’inizio di giugno i costruttori , l’Ance nazionale con una lettera del suo presidente Francesco Brancaccio, indirizzata al presidente dell’Autorità Portuale, Paolo Emilio Signorini, aveva ammonito.

“ L’importo a base di gara appare sottostimato….sebbene aggiornato. Motivi? Gli extracosti per l’esecuzione dei lavori in mare aperto., il vertiginoso aumento delle materie prime….la contrazione del programma dei lavori di un anno solare per stare nelle tempistiche del Pnrr….”.

Ma prima dei costruttori le obiezioni, che si erano infrante sulla muraglia ottimistica delle autorità genovesi, erano state espresse dai tecnici. Soprattutto Piero Silva, il maggiore esperto in materia, consulente sul progetto per il Rina, aveva sparato a zero, obiettando che il sistema di costruzione a cassoni da sprofondare in mare uno sull’altro, fino a meno 50 metri, non era mai stato utilizzato per una diga così lunga e profonda.

L’esempio più vicino è quello di una diga giapponese a Kamaishi, venti metri più profonda, ma molto più corta: suo tempo di costruzione 30 anni. La previsione di Silva per Genova era di almeno 15 anni di lavori e di due miliardi di spesa.

Con queste premesse il bando andato deserto è stato, comunque, una doccia fredda. La prima reazione dell’Autorità Portuale è stata di trovare un altro tipo di soluzione. Signorini ha subito indicato la strada di una trattativa diretta e “privata” con i due gruppi che erano interessati in partenza e, apriti cielo, ha pure precisato che si sarebbe potuto accorciare la diga di 300 metri, per abbattere i costi.

Uno dei più forti sostenitori dell’operazione, Aldo Spinelli, leader del trasporto e terminalista storico a Genova, ha subito obiettato: “Sarebbe un aborto!!”.

Sono cominciati vertici e incontri molto tesi. Pietro Salini ha messo a disposizione il suo gruppo per trovare una soluzione. Ovviamente i faraoni di Genova, Marco Bucci e Giovanni Toti sono scesi in campo in tutti i modi, mentre la Lega, architrave delle maggioranze che hanno eletto sia il sindaco che il presidente della Regione, ha incominciato a attaccare duramente. Se vacilla la diga, vacilla il Pnrr e non certo solo quello che riguarda Genova.

L’accorciamento della diga è stato oggetto dei primi incontri ai quali c’era anche Marco Vaccari presidente del Comitato che gestisce il progetto.

L’altra questione delicata sollevata in questi vertici è stata proprio quella dei cassoni alti 26 metri uno sull’altro che dovrebbero costituire l’anima della Diga. Ma dove poggiano questi cassoni, su che tipo di fondale. Fangoso o di roccia?

La dimensione, la altezza di queste “pietre” fondamentali è uno degli elementi sui quali il Comitato e l’Autorità Portuale ha ragionato per scoprire se i costi possono essere ridotti e di quanto. Si sono studiate anche ipotesi per “fare delle prove”, inabissando i primi cassoni per verificare la tenuta di questi fondali. Che sono il grande vantaggio di Genova rispetto ai porti nord europei,ma che in questo caso potrebbero diventare un ostacolo insormontabile. E poi queste prove quanto tempo porterebbero via nella corsa per stare sui binari del Pnrr?

Ma se da una parte i tecnici hanno incominciato a lavorare con l’acqua alla gola dei tempi stretti (se il cantiere non parte all’inizio del 2023 saltano i tempi Pnrr), ragionando con le cordate dei costruttori, sul fronte politico la partita si è incendiata.

Il sindaco ha ammonito: “Chi rema contro la diga non merita la cittadinanza di Genova!”

L’opposizione del Pd, appena uscita sconfitta sonoramente dalla battaglia elettorale, ha incominciato a chiedere trasparenza e informazione su tutta la vicenda intorno alla quale ruota il destino di sviluppo della città e non solo quello del porto. E’ stato chiesto anche un consiglio comunale dedicato al tema.

Ma quello che trema è molto di più dello scenario genovese, come anche il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, è venuto a sostenere al Convegno dei Giovani Industriali, radunati secondo tradizione di inizio estate a Santa Margherita Ligure. La questione della superdiga potrebbe investire il governo, che ha promesso interventi finanziari adeguati. Ma ha tante altre gatte da pelare.