Mps. Saccomanni furioso post rissa Banca-Fondazione: “Ridateci soldi Monti bond”

Pubblicato il 29 Dicembre 2013 - 21:58| Aggiornato il 30 Dicembre 2013 OLTRE 6 MESI FA
Mps. Ministro Saccomanni furioso post rissa Banca-Fondazione: "Indietro i soldi"

Fabrizio Saccomanni è furioso perla rissa tra Banca e Fondazione Mps, anche se il comunicato è sibillino

SIENA – Il Ministero dell’Economia ha preso posizione su Mps solo domenica sera, attraverso un portavoce il cui messaggio è stato, a quanto riferisce l’agenzia di stampa Agi:

“Il Ministero dell’Economia auspica che venga portato a termine l’aumento di capitale di Mps così come deciso ieri dall’assemblea dell’istituto, di cui apprezza appunto il pronunciamento espresso in linea con quanto indicato dal management della banca.

“Secondo quanto riportato da un portavoce di via XXSettembre [dove, per gli italiani che non vivono a Roma, ha sede il Ministero], il Ministro Fabrizio Saccomanni è in contatto in queste ore con le parti interessate e si augura che l’aumento di capitale abbia successo in modo tale che vengano restituiti i Monti bond [ciclopico prestito dello Stato a Mps dopo che della Banca fu fatta carne di porco] ai contribuenti italiani”.

Il ministero ha parlato, via portavoce, senza niente di scritto nero su bianco, dopo settimane di silenzio e 24 ore dopo la contrastata assemblea di sabato.

Il messaggio è sibillino e pretesco, ma vuol dire che al Ministero dell’Economia hanno una fifa blu, dopo la prova di forza che ha visto la Fondazione Mps prevalere, con il peso dei suoi voti, sulla impostazione data dai dirigenti della Banca Mps.

Tanta è la paura che hanno fatto finta di non avere registrato alcuna spaccatura, proprio nulla, tutto latte e miele e hanno messo solo la parte non controversa, che tutti sono d’accordo che ci vuole l’aumento di capitale. La spaccatura tra Banca Mps e Fondazione Mps è stata sulla scadenza dell’aumento di capitale, che i dirigenti della Banca volevano subito, e in quel senso si erano mossi sul mercato finanziario internazionale, e che invece la Fondazione Mps, principale azionista della Banca con il 33,5% e crogiuolo di interessi più o meno locali e visibili, ha fatto rimandare a giugno.

In uno scenario dove può succedere di tutto, comprese le elezioni anticipate, i dirigenti della Banca si erano preoccupati di portare a casa soldi subito. Ora resta il dubbio che a giugno nessuno nel mondo abbia voglia di mettere soldi, fino a 3 miliardi di euro, in una banca italiana dove già è successo di tutto.

La paura del ministro Fabrizio Saccomanni è questa, aggravata dalla minaccia di dimissioni da parte del presidente della Banca Mps, Alessandro Profumo, con una prospettiva di ulteriori cadute in Borsa del titolo Mps e con maggiori difficoltà e quindi costi più salati per il reperimento dei fondi.

Elevato, in questo scenario, si prospettava il rischio che alla fine fosse lo Stato stesso a doversi sobbarcare l’onere finale, con una nazionalizzazione che, oltre a costare altro sangue ai contribuenti, sarebbe uno scandalo internazionale.

Per questo il ministro ha fatto parlare il suo portavoce con le agenzie di stampa domenica sera: per ribadire che non c’è alcun interesse a nazionalizzare il Monte dei Paschi di Siena e mettere

“in chiaro la sua priorità: chiudere l’operazione nei tempi stabiliti, rimborsare il 70% dei Monti bond entro il 2014 come promesso alla Commissione europea, restituendo così i soldi agli italiani”.

La cronaca di Domenico Mugnaini e Nicola Capodanno della agenzia Ansa, elabora il pensiero del ministro:

“Per farlo, sottolineano le stesse fonti, è necessario che le parti in causa, ovvero Fondazione e Banca Mps, continuino a lavorare nell’ottica di trovare una soluzione per la cessione delle quote della Fondazione (33,5% della banca) e realizzare l’aumento di capitale tra maggio e giugno come stabilito dall’assemblea.

“L’intervento del ministero arriva dopo settimane di silenzio in cui, spiegano le stesse fonti, il ministero ha lavorato attivamente sia nella ricerca di un accordo per le quote della Fondazione sia per raggiungere il risultato ottenuto ieri, il cui merito va riconosciuto soprattutto al management della banca guidato da Alessandro Profumo e Fabrizio Viola.

“Intanto, però chi si dice preoccupato della situazione sono i sindacati di categoria (Fabi, Fiba, Fisac e Uilca) che, ”alla luce dell’assemblea degli azionisti e della contrapposizione tra i vertici della banca e la fondazione”, chiedono un incontro urgente con il Governo e, in particolare, col ministro Saccomanni.

“Ma prima che questo accada, gli occhi sono già tutti puntati su Piazza Affari. Alla luce dello strappo registrato tra i vertici della banca e la presidente della Fondazione Antonella Mansi, con quest’ultima che ha ottenuto il rinvio dell’operazione di cinque mesi, domani il titolo va alla prova mercati. Una prova alla quale è stato sottoposto già venerdì scorso quando, col rinvio dell’assemblea in seconda convocazione per il mancato raggiungimento del quorum, ha registrato un tonfo del 2,15% a 0,17 euro”.

La cronaca di di Domenico Mugnaini e Nicola Capodanno è molto limata e per questo in alcuni punti oscura, ma a leggerla bene si capisce che al Ministero dell’Economia sono furibondi con Antonella Mansi, presidentessa della Fondazione:

“A Siena si sono scontrate due visioni diverse, ma quello che è abbastanza chiaro, nonostante il tifo sfrenato della città del Palio per lAntonella Mansi, è che tutto, questa volta, passa e viene deciso sopra una città che non ha più il potere di pochi anni fa, che non è più in grado di gestire da sola la terza banca italiana.

“Ecco perché anche Antonella Mansi forse rappresenta più altre realtà come quella del sistema delle Fondazioni bancarie. Alla Mansi, chiamata a guidare una Fondazione senza più un euro in cassa, come disse Antonio Paolucci, consigliere della Deputazione generale al suo insediamento, era stato assegnato proprio il compito di salvare quel patrimonio: anche per questo, come ha ricordato ieri agli azionisti, non poteva votare per la ricapitalizzazione a gennaio pur conscia che l’aumento da 4 miliardi proposto da Profumo e dall’ad Fabrizio Viola è fondamentale per il futuro del Monte.

“Dalla risposta che arriverà dai mercati si capirà anche quanto questi credono nelle possibili dimissioni di Profumo. Lui ha detto che di questo parlerà solo davanti al Cda. Per ora il consiglio è convocato per il 16 gennaio ma qualche consigliere si aspetta una convocazione già nei primi giorni dopo l’Epifania. Qualcuno non esclude che a Profumo venga chiesto di restare. Solo lui potrà dare la risposta sapendo che a Siena il toto-nomine è già partito.

“Carlo Salvatori e Lorenzo Bini Smaghi sono tra i nomi che si fanno per la sua sostituzione, con il primo preferito”.