Obama, cento giorni e li dimostra

Pubblicato il 28 Aprile 2009 - 15:31 OLTRE 6 MESI FA

Cento giorni, e li dimostra. Barack Obama, l’uomo a cui tutto il mondo chiede di risolvere tutto, finora non ne ha sbagliata una ma nemmeno una ne ha risolta. Non la depressione economica, l’ha arginata, forse asciugata, nulla più.  Non la crisi pakistana, aggravata. Non la guerra in Afghanistan. Non la questione palestinese. In tutti e tre i casi l’impostazione di una politica nuova, realistica, non contundente. Però nessun risultato.

E anche all’interno degli Usa restano magnifiche suggestioni e intuizioni i  nuovi investimenti nelle nuove energie, la gigantesca manutenzione delle infrastrutture americane, il bisogno di un welfare sanitario più giusto e meno dispendioso, il salvataggio dell’industria automobilistica.

Durante la campagna elettorale aveva promesso che avrebbe fatto dell’America dopo Bush un Paese nuovo e diverso. Oggi, alla vigilia della scadenza simbolica dei primi 100 giorni di governo molti sostengono che Barack Obama sta riuscendo nei suoi intenti. Quantomeno, come sottolinea anche il Corriere della Sera, con il suo modo di fare così candido, con le sue iniziative simboliche, con il tendere la mano non solo ai propri avversari politici ma anche a tutto il mondo islamico. Una virata impensabile in epoca Bush. Mai un presidente americano aveva prodotto in così poco tempo un cambiamento tanto vorticoso e palpabile. Destreggiandosi, tra l’altro, tra una crisi economica mondiale e la nuova epidemia di febbre suina.

Molti sono i campi in cui Obama ha ribaltato la politica del suo predecessore. Dalle prime decisioni in politica estera, come la chiusura del carcere di Guantanamo e l’impegno di ritirare le truppe in Iraq entro il 2011, a quelle più recenti di apertura verso tutto il mondo islamico e di “disgelo” verso Cuba. Ma non solo. Importanti sono stati anche i passi fatti verso l’intensificazione della ricerca sulle staminali e la proposta di un piano per la riduzione di emissioni nell’atmosfera. E poi ancora, in campo economico, l’introduzione di tasse più alte per i ricchi, il piano mutui, il piano di salvataggio delle banche e delle industrie dell’auto, ma soprattutto il monito lanciato ai manager delle grandi banche riguardo ai loro “super compensi”.

Svolte storiche, dunque, che acquistano nuova luce e ancora più importanza se visti attraverso la lente dei grandi problemi che l’Amministrazione Obama si sta trovando a dover affrontare. A partire, ovviamente, dalla crisi economica mondiale, la più grave recessione dalla Grande depressione del 1929 e che ha letteralmente ridotto l’America in ginocchio. Se qualche segnale di rialzo arriva sul fronte economico il presidente degli Usa non può dormire certo sonni tranquilli. Deve infatti fronteggiare una possibile epidemia di febbre suina, che ha già colpito in America 40 persone, ed evitare che il problema di trasformi in una vera e propria psicosi di massa.

Cento giorni senza sconfitte, ma anche senza vittorie. Cento giorni e li dimostra la presidenza Obama: il suo nome fa ancora rima con speranza, non è un bilancio da poco.

Viola Contursi
(Scuola superiore di Giornalismo Luiss)