Palermo. Procura, aria di veleni su una partita di politica nazionale

di Claudia Fusani
Pubblicato il 19 Dicembre 2014 - 17:10 OLTRE 6 MESI FA
Palermo. Procura, aria di veleni su una partita di politica nazionale

Palermo. Procura, aria di veleni su una partita di politica nazionale

ROMA – Tra le tante partite politiche sul tavolo in questi mesi – riforme, ripartenza economica, legge elettorale, Quirinale – quella della procura di Palermo può sembrare marginale ma non lo è affatto. Tali e tanti sono i nodi giudiziari che attraversano quell’ufficio che da sempre è anche un termometro della stabilità e della salute del paese. Occorre quindi guardare a quella procura come a un player che resta in panchina ma è sempre pronto a scendere in campo. Solo che decide lui quando farlo. E la decisione coincide quasi sempre con lo stato dell’arte dei rapporti tra mafia e politica e con il ruolo che la magistratura assume nel modo di combatterli.

In questa ottica, il voto del Consiglio superiore della magistratura che mercoledì 17 dicembre ha nominato procuratore Francesco Lo Voi preferendolo in una partita a tre con nomi di altissimo profilo, è un fatto dirompente. Sotto tanti punti di vista.

1)Per la prima volta le tanto vituperate correnti della magistratura non hanno potuto decidere. Una rivoluzione positiva se si pensa al potere di veto che in questi anni hanno potuto esercitare le pur legittime correnti delle toghe, tutte, dalla prevalente e centrista Unicost, alla più conservatrice – semplificando più di destra – Magistratura Indipendente fino all’ex covo della toghe rosse (Md) ora confluite con i Movimenti nel cartello Area. Lo Voi era il candidato di Mi ma se ha vinto è solo per incapacità tattica degli altri.

Unicost e Area non hanno saputo, o voluto, fare un passo indietro rispetto ai propri eccellenti candidati: Guido Lo Forte, attuale procuratore di Messina e a lungo n.2 di Giancarlo Caselli quando processarono Andreotti, Carnevale, Contrada e Dell’Utri; Sergio Lari, attuale procuratore di Caltanissetta, titolare delle più eclatanti, nel bene e nel male, indagini degli ultimi anni sugli omicidi di Falcone, Borsellino e relativi depistaggi, era invece il candidato di Area. Il plenum del Csm è partito diviso in tre blocchi e lo è rimasto fino in fondo. Quando il laico di centrosinistra Giuseppe Fanfani ha preso la parola nell’aula Bachelet attaccando “le logiche correntizie dei membri togati”, voleva dire: smettete di litigare, qualcuno faccia un passo indietro, dateci un nome condiviso ed evitiamo di spaccare il plenum. “Altrimenti perdiamo tutti”. E’ finita così: 9 voti a Lo Voi; 7 voti a lari; 5 voti a Lo Forte.

2)I membri laici sono stati decisivi tornando a svolgere il ruolo per cui i padri costituenti e poi il legislatore li inserirono nel plenum dell’organo di autogoverno della magistratura: arbitri e autonomi rispetto alle toghe. La cosa che ha più stupito è stata infatti la compattezza dei 7 membri laici. I tre di centrocedestra – Leone, Casellati, Zanettin – sono sempre stati schierati con Lo Voi e MI. Restavano ballerini il professor Zaccaria, quota Cinque stelle, Paola Balducci (Sel), Giuseppe Fanfani (Pd) e Balduzzi (Sc). Zaccaria ha spiazzato tutti. Sicuri che avrebbe seguito il mood grillino che voleva Lo Forte in quanto erede della scuola caselliana e quindi a favore di processi come quello sulla trattativa Stato-mafia, “il consigliere cittadino” (così si è definito) ha puntato invece su Lo Voi: “Sto male, stanotte non dormo, ma devo contribuire a spaccare di meno questo plenum”. I laici di sinistra per la prima volta si sono sentiti liberi di votare contro le correnti storiche di sinistra della magistratura a cui hanno sempre fatto riferimento. Hanno votato Lo Voi. E hanno determinato la decisione.

3) In tutta questa procedura c’è stato un convitato di pietra. Si chiama processo trattativa Stato-mafia. Diciamo subito che da parte delle istituzioni più alte c’è stato un sincero invito al plenum a non votare Lo Forte perché “troppo in continuità con la gestione Messineo già giudicata dal vecchio Csm ostaggio di personalità forti come Ingroia”. Nulla di personale, per carità e anzi, massima stima per la persona e il magistrato. Ma occorreva spezzare un modo di gestire le inchieste troppo personalistico e, talvolta, a prescindere da fatti-reato. Aver costretto il presidente Napolitano a deporre in quel processo con risultati decisamente interlocutori, per non dire inutili, rispetto al quadro probatorio, è un fatto che ormai appartiene alla Storia. Ma non c’è dubbio che quella storia abbia pesato sulla scelta del nuovo procuratore.

4) Resta ora da capire cosa succederà a Palermo. E’ la parte più delicata e difficile di tutta la faccenda. Travaglio ed imitatori hanno già gridato al golpe. “Il Palazzo si è ripreso la procura di Palermo che aveva dovuto mollare 22 anni fa dopo Capaci e via D’Amelio” ha scritto il giornalista evocando un “replay” del 1988 quando il Csm preferì Meli a Falcone alla guida dell’Ufficio istruzione di Palermo. Travaglio scrive anche che “dopo 2 anni di minacce di morte a Di Matteo (pm del processo) e Scarpinato (procuratore generale) Palermo attendeva un segnale da Roma. Quel segnale è arrivato”. E lo chiama “normalizzazione”.
Lo Voi ha sulla carta meno numeri e titoli degli altri due. E’ anche molto più giovane, 58 anni contro i circa 70 di Lari e Lo Forte, ma non ha mai svolto incarichi direttivi ed è stato sostituto solo per tre anni. Una carriera “al calduccio” come ha detto il togato di Area Antonio Ardituro (Md). Ha però il merito, per qualcuno demerito, di aver scoperto in Bulgaria il tesoro nascosto da Massimo Ciancimino, il super test della procura di Palermo nel processo sulla trattativa. In pratica lo ha sbugiardato.
Tenteranno di isolarlo, non sono esclusi ricorsi al Tar da parte dei due esclusi. E’ vigilia di veleni a Palermo. Che arrivano sempre nei momenti difficili del Paese. Come questo: grandi inchieste sulla corruzione, processi di riforma in corso, cambio ai vertici istituzionali.