Scuola/ Niente più professori di religione agli scrutini e niente più crediti formativi per le loro ore di lezione. Questa la sentenza del Tar del Lazio

Pubblicato il 11 Agosto 2009 - 19:40 OLTRE 6 MESI FA

Niente più insegnanti di religione durante gli scrutini e niente più crediti scolastici per le ore di religione. Questa la decisione del Tar del Lazio che ha definito «illegittima» la partecipazione «a pieno titolo» agli scrutini da parte dei professori di religione cattolica.

Il perché della sentenza n.7076 del Tar del Lazio è presto detto: diversamente si determinerebbe nelle scuole pubbliche una forma di discriminazione a danno di chi non professa la religione cattolica o è di un’altra fede.

Il Tar ha affermato che «l’attribuzione di un credito formativo ad una scelta di carattere religioso degli studenti e dei loro genitori, quale quella di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, dà luogo ad una precisa forma di discriminazione, dato che lo Stato italiano non assicura allo stesso modo la possibilità per tutti i cittadini di conseguire un credito formativo nelle proprie confessioni ovvero per chi dichiara di non professare alcuna religione in Etica Morale Pubblica».

La sentenza dei giudici amministrativi arriva in risposta a due ricorsi, promossi a partire dal 2007 da alcuni studenti e studentesse con numerose associazioni laiche e confessioni religiose non cattoliche coordinate dalla Consulta Romana per la Laicità delle Istituzioni e dall’Associazione “per la Scuola della Repubblica” ed assistite dagli avvocati Massimo Luciani, Fausto Buccellato e Massimo Togna.

Ad esse il Tar ha riconosciuto la richiesta «di tutela di valori di carattere morale, spirituale e/o confessionale che (…) sono tutelati direttamente dalla Costituzione e che quindi come tali non possono restare estranei all’alveo della tutela del giudice amministrativo».

Il Tar, dopo aver ricordato il principio della laicità dello Stato, ha precisato che «sul piano giuridico, un insegnamento di carattere etico e religioso, strettamente attinente alla fede individuale, non può assolutamente essere oggetto di una valutazione sul piano del profitto scolastico» e quindi la scelta di avvalersi o meno dell’insegnamento della religione cattolica deve essere assolutamente libera e in nessun modo condizionata.

«In una società democratica – ha affermato il Tar – certamente può essere considerata una violazione del principio del pluralismo il collegamento dell’insegnamento della religione con consistenti vantaggi sul piano del profitto scolastico e quindi con un’implicita promessa di vantaggi didattici, professionali ed in definitiva materiali».

A tal proposito, la sentenza ha precisato ancora che «lo Stato, dopo aver sancito il postulato costituzionale dell’assoluta, inviolabile libertà di coscienza nelle questioni religiose, di professione e di pratica di qualsiasi culto ‘noto’, non può conferire ad una determinata confessione una posizione dominante».