Tremonti – Pdl, amore e odio da sempre

Pubblicato il 21 Aprile 2011 - 20:58 OLTRE 6 MESI FA

ROMA 21 APR Dalle dimissioni d – ROMA, 21 APR – Dalle dimissioni del 2004, dopo lo scontro con Gianfranco Fini, che lo portarono ai ferri corti con Silvio Berlusconi, alle continue scaramucce con Renato Brunetta, passando per le liti in Cdm con Stefania Prestigiacomo, fino al vespaio scatenato dall'intervista di Giancarlo Galan e al ruolo svolto nella vicenda Generali. La recente storia del super-ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e' costellata di contrasti. Ma anche di riconoscimenti e non solo a livello nazionale. E' stato infatti particolarmente presente nell'affrontare a livello internazionale la crisi economica ed fornire ricette essendo molto attivo a livello europeo. E questo gli viene riconosciuto anche a Bruxelles insieme alla stabilita' dei conti italiani. Ma, inevitabilmente e periodicamente, l'uomo che tiene ben stretti i cordoni della borsa incappa nel vespaio della polemica, anche dei suoi colleghi di partito, alimentata anche dal fatto che viene da sempre considerato l'uomo del Pdl piu' vicino alla Lega. Tremonti, come da tradizione di via XX Settembre, e' uomo di poche parole e di decisioni impopolari. Con il desiderio della crescita e il vincolo stretto del rigore. Cosi' spesso, soprattutto in fase di aggiustamento dei conti, o peggio, in fase pre-elettorale, si trova a fronteggiare naturalmente l'opposizione. Ma la sfida peggiore e' quella del 'fuoco amico', i suoi stessi compagni di partito. Cosi', ad esempio, il 3 luglio del 2004, durante il suo incarico nell'ex governo Berlusconi, il ministro dovette rassegnare le dimissioni per contrasti con Gianfranco Fini in particolare sulla gestione dell'organismo (la cabina di regia) che era nato per le questioni economiche a Palazzo Chigi. E sono sempre di quel periodo le schermaglie con l'allora Governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio cui il ministro rimproverava il mancato controllo su Cirio e Parmalat. Una battaglia che il ministro pero' alla fine vinse. Ma senza andare troppo in la' nel tempo e' facile rintracciare negli archivi l'eco di nuove polemiche. Tornato a via XX Settembre, nuovamente con il progetto di tagliare le tasse (suo antico cavallo di battaglia ora rispolverato con i tavoli della riforma) Tremonti rimette mano ai conti e tenta l'avvio di una politica di contenimento della spesa. Ma la sorte non gli sorride e, dopo l'uscita di scena di Tommaso Padoa-Schioppa, si trova a dover fronteggiare una delle peggiori crisi economiche della recente storia. E i tagli, chiaramente non piacciono a nessuno. Ma le ultime manovre ne sono piene e ricascano direttamente sui bilanci, gia' asciugati, dei colleghi ministri costretti a loro volta a pesanti colpi d'accetta. A Tremonti viene mossa l'accusa di non saper far ripartire la crescita nel paese: insomma troppo rigore e niente sviluppo. Ed e' proprio su questo che si incentra la polemica con Brunetta. Ma sempre per i tagli altri conflitti si aprono di recente con il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, mentre il ministro per i Beni Culturali Sandro Bondi finito in un vespaio di critiche dopo i crolli di Pompei spiega di non poter fare di piu' proprio per i tagli e la mancanza di fondi. Evidente il riferimento alle decisioni del Tesoro. La palla cosi' passa all'ex ministro dell'Agricoltura (ora alla cultura) Giancarlo Galan che oggi, dalle colonne de Il Giornale, torna alla carica: bisogna ''arginare lo spettro di Giulio Tremonti che aleggia su qualunque decisione del governo'' lasciando che ''il centro delle decisioni'' torni a Palazzo Chigi. Insomma un po' lo stesso ritornello che porto' allo scontro con Fini e alle dimissioni. Ma Palazzo Chigi e' anche la 'terra' di Gianni Letta con il quale il ministro ha intrapreso piu' di un confronto, di recente soprattutto per le nomine nelle societa' pubbliche quotate. Ma anche per finire un argomento piu' economico che, di recente, avrebbe irritato non poco il premier: le dimissioni di Cesare Geronzi dalla guida di Generali. Berlusconi in quei giorni lamentava che neanche la figlia Marina era stata informata per tempo. E che la decisione di Geronzi gli sarebbe stata comunicata solo a cose fatte. Un'uscita che, secondo molti commentatori, aveva un regista occulto ma determinato: Giulio Tremonti.