Entro il 2050 nell’oceano ci sarà più plastica che pesci. Ma continuiamo a comprare acqua in bottiglia

di Caterina Galloni
Pubblicato il 19 Luglio 2019 - 06:43 OLTRE 6 MESI FA
acqua-bottiglia

Acqua in bottiglia

ROMA – La scarsità d’acqua rappresenta un’emergenza mondiale ed entro il 2025 colpirà i due terzi della popolazione della Terra. E l’inquinamento da plastica, a cui le bottiglie d’acqua gettate nelle acque contribuiscono immensamente, è diventato un problema così devastante al punto che gli esperti prevedono che entro il 2050 nell’oceano ci sarà più plastica che pesci.

Nonostante ciò l’industria dell’acqua in bottiglia produce sempre più tipi di acque esclusive, al limite del bizzaro: è il caso di “Frequency H2O” imbottigliata con le “vibrazioni dell’amore, della luna e la luce dell’arcobaleno” , costa 2,30 dollari al litro e secondo il creatore Sturt Hinton è il definitivio “elisir di lunga vita”. Ma c’è anche l’acqua potabile e pura di lusso Svalbardi estratta dalla cima degli iceberg delle isole norvegesi Svalbard e costa 89,50 euro a bottiglia. Lo slogan e il prezzo rendono l’acqua contenuta in una bottiglia di lusso una sorta di cambiamento climatico liquido per ricchi.

Nonostante ci siano ottime ragioni per evitare l’acquisto di acqua imbottigliata, in generale le vendite del tipo “premium” vanno sempre più forte, negli USA il settore è in rapida crescita ed è un giro stimato 18,5 miliardi di dollari. Se questi prodotti d’élite vengono pompati da 3.000 piedi sotto le Hawaii o estratti dalle sorgenti delle Fiji e cosparsi di polvere d’oro, in molti ripetono il ritornello che più è oscura la provenienza o elaborata la preparazione, tanto più l’acqua è di massima qualità e deliziosa al gusto. C’è tuttavia da considerare che l’acqua in bottiglia non è superiore a quella di rubinetto, più strettamente controllata. Nei test di degustazione a occhi chiusi, i soggetti non possono distinguere tra acqua in bottiglia e acqua di rubinetto.

E quest’ultima, ovviamente, è quasi gratis. Ma allora perché viene acquistata? Prima di tutto, l’accesso alle acque rarefatte è stato per secoli uno status symbol, basti pensare alle vacanze nelle “città termali” nel XIX secolo o alla convinzione dei reali europei sugli effetti salubri delle sorgenti termali. Poi c’è il movimento del benessere, responsabile di un rifiuto collettivo di alcol che promuove sempre di più un fervido interesse per l’acqua “di lusso”. In effetti, dal 2006 hanno via libera le “water bar” di lusso e perfino le marche di acque vibrazionali. Eppure il mainstream americano probabilmente non è mai stato così ricettivo ai costosi prodotti sanitari esoterici come nell’attuale momento di benessere del picco capitalista.

Secondo i ricercatori dell’Università dell’Ontario’s University of Waterloo potrebbe esserci anche un’altra ragione: la società è così affezionata all’acqua in bottiglia, per la paura della morte. In un recente studio socio-psicologico sulle scelte di consumo dell’acqua, i ricercatori Stephanie Cote e Sarah Wolfe, sostengono che “un’inconfessata paura della morte” può essere un’inconscia barriera che porta al cambiamento di un comportamento ambientalmente sostenibile”. La Wolfe spiega che quando l’essere umano ritiene imminente la fine, il rifiuto istintivo e il bisogno di distrazione lo spingono a prendere decisioni irrazionali. In questo caso, forse inconsciamente si pensa:”Come può morire il pianeta se utilizzo una bottiglia d’acqua incontaminata?

Come è possibile che io muoia se prendo decisioni così salutari?”. Cote e Wolfe sostengono che il modo in cui viene commercializzata l’acqua in bottiglia – le associazioni con il benessere – la rendono un antidoto particolarmente attraente alla disperazione esistenziale. Nella loro ricerca, Cotes e Wolfe concludono che le campagne governative USA per l’acqua potabile sarebbero più efficaci se trasmettessero messaggi positivi su quanto l’acqua di rubinetto migliori il benessere e non esprimere dure verità che ricordano ai consumatori che la plastica è uguale alla morte. I governi, inoltre, possono anche emanare divieti sui prodotti in plastica monouso, come si sono impegnati a fare il Canada e l’UE. Al di là della pura stravaganza dell’acqua “premium”, il problema centrale è che questi prodotti sono in definitiva in contrasto con il loro presunto precetto: la salute del pianeta e di tutti gli abitanti. Il futuro potrebbe essere terribile ed è arrivato il momento di staccarci dalla bottiglia.

Fonte: The Guardian.