Amianto, marinai morti: Roma indaga, navi militari killer?

Amianto, marinai morti: Roma indaga, navi militari killer?
Amianto, marinai morti: Roma indaga, navi militari killer? (Immagine: Wikipedia)

ROMA – Marinai morti di tumore, amianto causa sospetta, la procura di Roma indaga sull’uso dell’asbesto (amianto) sulle navi della Marina Militare. Nel fascicolo d’indagine per omicidio colposo a carico di ignoti, aperto dal pubblico ministero Mario Dovinola, sono finiti i casi di una decina di ex militari della Marina, nati fra la fine degli anni 30 e la fine degli anni 40 e morti a partire dal 2008 per mesotelioma pleurico, quel tipo di tumore che colpisce chi è esposto a lungo all’amianto. Materiale che fino agli anni 80 era stato largamente usato, per le sue proprietà isolanti – in particolare la resistenza al calore, alle fiamme – sulle navi della nostra Marina. Scrive Giuseppe Scarpa su Repubblica:

L’indagine punta l’attenzione soprattutto su imbarcazioni degli anni 60 e 70. Si tratta di navi imbottite di amianto che per mezzo secolo, dalla fine della seconda guerra mondiale al disarmo definitivo nel 2005, hanno avvelenato i polmoni di centinaia di marinai condannati a una morte lenta, ma puntuale.
Quella sull’amianto nelle navi della Marina militare non è l’unica indagine portata avanti dal sostituto procuratore Dovinola. Il pm, infatti, ha un’inchiesta, sempre per omicidio colposo per il decesso di due dipendenti della sede storica della Zecca dello Stato, a Roma in via Salaria.

Un’indagine aperta nei giorni in cui il Consiglio di Stato ha dato ragione con una sentenza all’ex sottocapo della Marina Militare Lorenzo Motta, che a 24 anni ha contratto un linfoma di Hodgkin per essere stato a contatto con l’uranio impoverito nelle missioni in Somalia e nel Golfo Persico: lo Stato dovrà risarcire Motta con una cifra non ancora precisata.

Tornando all’amianto, l’avvocato Ezio Bonanni, dell’Osservatorio Nazionale Amianto, fa il bilancio delle vittime di questo materiale che 24 anni fa, con la legge 257 pubblicata sulla gazzetta Ufficiale del 27 marzo 1992, lo Stato italiano ha messo al bando. Bonanni parla di 6 mila vittime all’anno:

«In Italia abbiamo prodotto negli anni circa 3mila applicazioni con uso di amianto. Oggi abbiamo ancora 40 milioni di tonnellate di materiali contenenti fibre cancerogene, alle quali corrispondono almeno 6mila decessi ogni anno, considerando asbestosi, placche ed ispessimenti pleurici e complicazioni cardiovascolari». A snocciolare i numeri della strage da asbesto è l’avvocato Ezio Bonanni, cassazionista, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto.

«Il problema è che alla messa al bando, nel 1992, non ha mai fatto seguito un vero impegno a contrastare le esposizioni all’amianto. Esposizioni che continueranno – spiega Bonanni – per i prossimi 20, 30, 40 anni e con loro le patologie e le morti. Morti terribili, tragedie per intere famiglie». […] Conoscere l’esatta localizzazione sul territorio nazionale dei siti contaminati da amianto è il primo passo per una bonifica efficace. Questo lo spirito con il quale, nella legge 257, fu introdotto l’obbligo per le Regioni di dotarsi di un piano regionale amianto e di provvedere alla mappatura ed al censimento dei siti contaminati. Venticinque anni dopo, però, sei Regioni non hanno ancora adottato il piano, mentre le operazioni di mappatura e censimento procedono a rilento. Dalla Calabria, in particolare, non sono mai pervenuti dati».

Non è la prima volta che la magistratura indaga su casi di appartenenti alle forze armate, in particolare militari della Marina, che restano vittime dell’amianto. Questo articolo di Luca Teolato su L’espresso è del settembre 2013 e parla di un’indagine analoga a quella della procura di Roma, avviata questa volta dalla procura di Padova e conclusasi con 14 avvisi di garanzia per omicidio colposo e violazione della normativa anti infortunistica. Nel marzo 2012 si era conclusa con delle assoluzioni (gli imputati erano ammiragli e capi di Stato Maggiore) un’indagine aperta, sempre da Padova, nel gennaio 2010.

“Indagati che, a vario titolo, hanno fatto parte dei vertici della Marina durante gli anni ’80 e ’90: capi di Stato maggiore, direttori generali di sanità militare, ispettori di sanità, comandanti in capo della squadra navale, direttori generali degli armamenti navali. Ad ogni nominativo, si legge nel documento della procura, sono abbinati decine e decine di marinai morti per amianto o che hanno contratto malattie incurabili asbesto correlate. Le vittime sarebbero centinaia.

Secondo le accuse, gli indagati «omettevano di rendere edotto il personale appartenente alla Marina Militare dei rischi per la salute insiti negli ambienti di vita e di lavoro a causa della presenza di amianto tanto all’interno delle navi militari che degli altri ambienti frequentati dagli stessi per ragioni di servizio, oltreché di informarli dei rischi ulteriori prodotti dalle lavorazioni cui erano adibiti, dalle polveri che respiravano e dallo stesso uso di dotazioni di bordo contenenti amianto (guanti, tute e coperte ignifughe)», come si legge nel documento firmato dal pm Sergio Dini.

Non solo. Gli indagati «omettevano di sottoporre e far sottoporre con regolarità i dipendenti della Marina militare», prosegue l’accusa, «ai controlli sanitari relativi agli specifici rischi esistenti in ambienti di lavoro caratterizzati da notevole presenza di materiali amiantiferi; omettevano di curare la fornitura e di imporre a controllare l’effettivo impiego di idonei mezzi di protezione individuale; omettevano», conclude il pm Dini, «di adottare idonee misure atte ad impedire o comunque ridurre, secondo le possibilità della tecnica, il diffondersi di polveri di amianto prodotte dalle lavorazioni e/o dall’uso di dotazioni contenenti amianto».

Omissioni andate avanti negli anni che, leggendo le carte messe a disposizione dal presidente dell’Ona (Osservatorio nazionale amianto), l’avvocato Ezio Bonanni, legale di alcune delle vittime, partono da lontano. «Già dalla fine degli anni ’60», sostiene Bonanni «i vertici della Marina erano a conoscenza dei rischi ai quali andavano incontro i loro sottoposti. L’asbestosi è stata inserita nella tabella delle malattie professionali nel 1943, dopo che nel 1941 la Corte di Cassazione aveva emesso le prime sentenze di condanna al risarcimento dei danni. C’è un carteggio, catalogato come ‘riservato’ o ‘riservatissimo’, tra la cattedra di medicina del lavoro di Bari ed i vari organi della Marina militare che dimostra chiaramente come oltre 40 anni fa il problema fosse chiaro a tutti. Il pesante tributo in termini di vite umane tra i militari della Marina, così come è successo anche per l’Aeronautica, fino ad imporre la loro equiparazione alle vittime del dovere, sta lì a dimostrare che le tutele si sono rivelate inefficaci».

Da quanto emerge dalle carte, il quadro era già preoccupante nel 1969 e, in uno studio scientifico di carattere epidemiologico-statistico ed ambientale effettuato all’arsenale militare di Taranto su 269 persone esaminate, già 27 persone presentavano sintomi di malattie asbesto correlate e per altri 42 casi c’era un’alta probabilità.

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