Fumo e fiamme in Russia, acqua e fango in Europa centrale, India e Cina. E i graziati dall’apocalisse? Al mare

Pubblicato il 9 Agosto 2010 - 10:38 OLTRE 6 MESI FA

Il fumo sulla piazza Rossa

Mentre mezza Europa si gode le ferie in riva al mare nel resto del globo tira aria di apocalisse: fumo e fiamme  in Russia, inondazioni in buona parte dell’ Europa centrale, Cina, India  e Pakistan. Risultato: quindici morti e migliaia di sfollati nel vecchio continente, almeno 150 morti e 1300 dispersi in Cina, 150 morti  e 500 dispersi in India.

Senza chiamare in causa gli scenari più foschi sul cambiamento climatico, qualcosa di anomalo, in questa estate, indubbiamente c’è. In Russia, dove le fiamme hanno circondato un’altra centrale nucleare, il fumo è su San Pietroburgo e lambisce anche la capitale Mosca. E le previsioni meteo non aiutano: nei prossimi giorni di fresco ed acqua non si intravede neppure l’ombra mentre i termometri, in alcune aree, continuano a segnare temperature da incubo, vicine ai 45 gradi centigradi.

Caldo e siccità hanno messo in ginocchio la produzione di grano. Anche ad incendi spenti, quindi, questa estate “maledetta” continuerà a far sentire i suoi effetti. Il 20% di produzione in meno, infatti, vorrà dire difficoltà di approvvigionamento e prezzi in salita. Di fronte a tutto questo mentre il premier Putin annuncia un piano dopo l’altro, il presidente Medvedev si abbandona a letture apocalittiche: “Gli incendi sono la volontà di Dio”. Che poi, a pensarci bene, è un’analisi ottimale per chi deve intervenire: contro Dio non può fare niente neppure il presidente. Se invece fosse una mera questione di inquinamento, sfruttamento improprio di risorse e distruzione del territorio, a qualcuno potrebbe venire la “stravagante” idea di interrogarsi e di interrogare la classe dirigente.

Intanto da Mosca arrivano le prime ammissioni sulla criticità della situazione: il capo del dipartimento sanitario dell’amministrazione di Mosca, Andrei Seltovski, ha spiegato che in città il tasso di mortalità dell’ultimo mese è raddoppiato e che c’è un problema obitori. Troppi morti e non si sa più dove metterli.

La macabra ironia di tutta la questione è che alla Russia servirebbe come manna dal cielo un po’ d’acqua mentre basta spostarsi alcune centinaia di chilometri ad est per trovare Paesi che di acqua non vogliono più saperne. In Lituania le precipitazioni torrenziali hanno causato 4 morti, in Repubblica Ceca 5.  Tre le  vittime  in Polonia con l’aggravante di una città Bogatnya, completamente inondata dopo il cedimento di una diga.

Situazione critica anche in Germania dove, oltre ai 3 morti, si contano anche 1400 dispersi a causa di una piena a tempi di record. A Goerlitz, vicino al confine polacco, il fiume Neisse è cresciuto di 7 metri in poche ore.

In Cina, India e Pakistan cambiano le cifre ma il denominatore comune è quello del fango e delle macerie, un’apocalisse “sporca e umida”,  contrapposta a quella del fuoco russo. Il risultato, però, è lo stesso: si muore. C’è chi, come l’ecologo Pascal Acot invoca la green economy come soluzione al problema. La sensazione, però, è che contro la forza della natura, mano di Dio o meno, ci sia ben poco da fare.