Un video choc apre la Conferenza Onu sui cambiamenti climatici, a chiedere di salvare il mondo ci sono i bambini, il futuro stesso della terra. Nel filmato protagonista è proprio la generazione di domani che gioca e vive tra le tempeste e in paesaggi desertici. Uno scenario apocalittico che potrebbe diventare realtà se i leader mondiali di oggi non faranno nulla per impedirlo.
Da oggi, lunedì 7 dicembre, 103 tra premier e capi di Stato si riuniranno nel Bella Center di Copenhagen per prendere decisioni importanti sul clima. Sul tavolo la riduzione dei gas serra, con tutto quello che comporta per i Paesi più industrializzati, per quelli emergenti e per l’intreccio non sempre virtuoso delle rispettive economie. In sostanza, si dovrà stabilire quali cifre (miliardi di dollari) mettere a disposizione dei Paesi più poveri per aiutarli a emergere costruendo economie per quanto possibile solide ma basate su tecnologie pulite.
Sono sette comunque i veri protagonisti del vertice, quelli che prenderanno le decisioni o comunque guideranno i restanti capi di Stato vero la soluzione finale, semmai ci sarà. Primo fra tutti il presidente Usa Barack Obama, che arriverà per la chiusura dei lavori. Obama è l’osservato speciale di questa conferenza, dovrà dimostrare quanto sarà profonda la svolta in fatto di ‘clima’. A rappresentare la vecchia lobby anti-Kyoto il petroliere Jack Gerard. Dall’altra parte, invece, a guidare tutti coloro che hanno fiutato l’affare della ‘green economy’ il manager Jeffrey Immelt, a capo della General Electric e uno dei maggiori sostenitori degli stanziamenti nell’energia alternativa a vasto raggio: dall’eolico al nucleare.
Sul fronte europeo la cancelliera tedesca Angela Merkel non si risparmia, visto che negli ultimi anni ha cercato di far portare le aziende tedesche verso le energie sostenibili. Anche l’Italia con l’impegno del premier Berlusconi, può staccare un ‘dividendo verde’, specie con la crescita delle filiere di piccole e medie aziende specializzate in rinnovabili, dal Piemonte al Veneto; dalla Lombardia alla Puglia. Ora, però, è chiamata a un ulteriore, difficile, scatto: -13% di emissioni entro il 2020.
Spetterà al premier cinese Wen Jiabao, invece, fissare il prezzo della sua cooperazione. Wen Jiabao appare nelle condizioni di promuovere uno scambio tra un taglio (ridotto) di emissioni in cambio dei ‘brevetti verdi’. Ma le industrie del settore di Stati Uniti, Giappone, Canada, Australia e Svizzera non ne vogliono sentir parlare. Infine ci sono Giappone, Australia, Brasile, India e Russia che si presentano come outsider e possibili sorprese del negoziato. C’è una certa attesa per vedere come si muoverà il nuovo premier di Tokio, il democratico Yukio Hatoyama.
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