Balene, verso la caccia commerciale limitata. Gli animalisti insorgono

Pubblicato il 3 Maggio 2010 - 19:39 OLTRE 6 MESI FA

Giappone, Norvegia e Islanda vogliono legalizzare la caccia delle balene per i prossimi dieci anni. Gli ambientalisti insorgono a difesa dei mammiferi e si appellano alla nonostante la moratoria in vigore dal 1986.

La nuova proposta dei tre Paesi per rilanciare questa attività è stata redatta dalla Commissione baleniera internazionale (Iwc). A decidere le sorti sarà il voto degli 88 Stati membri, nella prossima riunione prevista dal 21 al 25 giugno ad Agadir, in Marocco.

L’obiettivo da raggiungere è quello di decidere le quote di pesca dei Paesi cacciatori, dato che dall’avvio della moratoria, 24 anni fa, sono morte 35mila balene. Giappone, Islanda e Norvegia sarebbero così limitati nelle loro attività, ma il piano costituirebbe di fatto un via libera ufficiale ad una pratica vietata per andare incontro ai tre Paesi fuorilegge.

Il Giappone sostiene di praticare la sua pesca “a fini scientifici”, mentre Islanda e Norvegia da sempre oppongono obiezioni legali al divieto.

“Per la prima volta dall’adozione della moratoria sulla caccia commerciale – afferma Cristian Maquieira, il presidente cileno della Commissione – avremo limiti rigidi e vincolanti per tutte le operazione di caccia delle balene”.

Secondo il piano decennale il Giappone avrebbe diritto per i primi cinque anni ad una quota limitata a 410 esemplari l’anno di balenottere minori, da cacciare nelle acque dell’Antartico meridionale; una quota che sarebbe poi dimezzata per i cinque anni successivi. Allo stesso tempo, sarebbe consentita la caccia di 120 balenottere minori nelle sue acque costiere.

Attualmente, Tokyo prevede di uccidere tra le 765 e le 935 balene ogni anno in Antartico, anche se le ultime cacciate si sono fermate a 507, grazie all’azione disturbatrice degli ambientalisti. Nella stessa proposta sono previste quote anche per Islanda e Norvegia. Decisamente contrari all’ipotesi della Commissione si sono schierate Nuova Zelanda e Australia, in prima fila nella difesa dei giganti del mare.

“La Nuova Zelanda non accetterà la proposta”, ha spiegato il ministro degli Esteri neozelandese, Murray McCully, stimando che “questi limiti delle catture non sono realistici”. Dal canto suo l’Australia chiede un divieto totale per la caccia commerciale delle balene e minaccia di portare il Giappone davanti alla giustizia internazionale per le sue catture in Antartico, additando come scusa la caccia per motivi scientifici.

“Il governo australiano – ha detto il ministro dell’Ambiente australiano, Peter Garrett – resta decisamente contrario alla pesca commerciale e alla pesca ‘pseudo-scientifica’”. Il paradosso è che la proposta non va bene nemmeno a Tokyo, che considera insufficienti le quote proposte. “Vogliamo continuare a negoziare” ha spiegato il ministro giapponese per la Pesca, Hirotaka Akamatsu. L’obiettivo? Ottenere un numero di balene maggiore da cacciare.

“Salvare le balene, non i cacciatori”. E’ questo lo slogan scelto da Greenpeace di fronte al piano presentato dalla Commissione baleniera internazionale (Iwc), che consente per dieci anni a Giappone, Islanda e Norvegia di cacciare determinate quote di balene.

Secondo gli ambientalisti, la proposta non rappresenta un piano di conservazione dei cetacei, ma di fatto renderebbe legale la caccia commerciale per la prima volta in 24 anni.

Sulla stessa linea si conferma l’International Fund for animal welfare (Ifaw): “Questa proposta è una lista dei desideri dei cacciatori di balene” afferma Patrick Ramage, direttore del Programma balene dell’Ifaw, secondo cui in questo modo “si prolunga la vita ad un’industria morente, mentre popolazioni di balene minacciate affrontano più pericoli rispetto al passato”.

Secondo l’Ifaw, l’amministrazione americana del presidente Barack Obama si è data da fare attivamente per redigere la proposta, invertendo la rotta avviata dal presidente Ronal Reagan, di bandire la caccia commerciale delle balene. “Le quote proposte dall’Iwc non sono definite in base ai suoi stessi criteri scientifici – contesta Wendy Elliott, direttore del programma specie del Wwf International – ma sono il risultato di una contrattazione politica che ha poco a che fare con le balene”.

Secondo Elliott ” stabilire quote per la caccia commerciale basandosi sulla politica e non sulla scienza costituirebbe un passo indietro per l’Iwc”. Se adottata, spiega il Wwf, la nuova proposta renderebbe legittima la pesca commerciale delle balene nel Santuario delle balene dell’Oceano meridionale, nonostante il divieto assoluto dell’Iwc del 1994. Quest’area rappresenta la principale zona di alimentazione per specie come la megattera e la balenottera comune. “L’Oceano meridionale – aggiunge Elliott – per le balene è l’equivalente di un supermarket o di un ristorante. Alcune si nutrono esclusivamente in quell’area, rimanendo senza mangiare durante i mesi invernale quando risalgono le acque tropicali”.