Insonnia da rane e cicale. L’uomo denuncia la natura: “Disturba la quiete pubblica”

Pubblicato il 19 Agosto 2010 - 10:28 OLTRE 6 MESI FA

C’è chi vuole denunciare una cicala per “disturbo di quiete pubblica”, c’è chi prende a sassate le rane perché gracidano le laghetto e infine ci si mettono anche i turisti che pretendono dal Comune di Roma che i gabbiani vengano allontanati. In fondo cicale, rane e gabbiani fanno solo il loro lavoro. Sono gli umani che non sono più abituati ai rumori della natura perché assuefatti dai clacson, allarmi, marmitte e così via, i più conosciuti “rumori metropolitani”.

Ecco allora che i residenti di un condominio ligure nel Comune di Alassio hanno tempestato i carabinieri di telefonate perché la rana ogni notte gracidava saltellando nel torrentello: “Qui non si può più dormire, fate qualcosa”. Il più incivile ha preso a sassate l’anfibio, salvato dalla Protezione animali. E comunque bastava aspettare qualche giorno. Finita la stagione degli amori, al ruscello sarebbe tornata la quiete.

Il problema è che l’uomo non sopporta la natura e il fenomeno si inasprisce soprattutto quando arriva l’estate, perché gli abitanti di città vanno in vacanza nelle residenze estive e magari trovano un gabbiano che fatto il nido sul balcone. L’ugola robusta dell’animale diventa un rumore assordante per i proprietari e l’intervento della protezione animali deve essere repentino. Altrimenti sarà l’uccello a farne le spese.

“Il nostro sistema nervoso si abitua ai rumori frequenti, li cataloga e noi di fatto smettiamo di ascoltarli”, spiega l’otorino Massimo Delle Piane. “Quelli naturali ci sono diventati estranei, perciò ci allarmano e disturbano il sonno”. Secondo il professor Michelangelo Iannone, dell’istituto di Scienze neurologiche del Cnr, “nel caso della rana più che la frequenza probabilmente era la potenza del suono a dare fastidio”. Ovvero i decibel sprigionati. “Nel nostro cervello, quando avvertiamo un rumore acuto, si attiva un meccanismo interno di allarme e si diffonde il monossido di azoto, un gas che ha un’azione eccitatoria e ci sveglia. Il gracidio o il canto di un gallo, per chi non è abituato a vivere in campagna, possono risultare inquietanti come un cane che abbaia o una sirena”.

Comunemente suoni come il vento o la risacca del mare sono considerati rumori “bianchi”: costanti, di sottofondo, favorirebbero il sonno. “Il verso della rana non rientra nella categoria. Noi ci addormentiamo con alcune frequenze, ma dipende molto dalla sensibilità soggettiva”.

I disturbatori della notte possono essere le civette, gli allocchi, le tortore dal collare (quelle che fanno «uhh-uhh» vicino alle nostre finestre) e soprattutto, di mattina presto, i gabbiani.

Insonnia per rane e gabbiani
Il fastidio da rumore bianco

Turisti esasperati: allontanateli, non dormiamo più
A Tarquinia una signora voleva denunciare
una cicala per «disturbo di quiete pubblica»

Liguria L’Enpa: centinaia di interventi. Il Cnr: non più abituati alla natura

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Il fastidio da rumore bianco

Turisti esasperati: allontanateli, non dormiamo più
A Tarquinia una signora voleva denunciare
una cicala per «disturbo di quiete pubblica»

Gabbiani nel centro di Roma
Gabbiani nel centro di Roma

ROMA – La rana, in fondo, faceva soltanto il suo mestiere di rana. E ogni notte gracidava saltellando nel torrentello ligure. Ma i residenti del vicino condominio non apprezzavano l’accompagnamento sonoro al loro riposo e hanno cominciato a tempestare di telefonate di protesta il Comune di Alassio. «Qui non si può più dormire, fate qualcosa». Il più incivile ha preso a sassate l’anfibio, salvato dalla Protezione animali. «Ora la rana sta bene e l’abbiamo trasferita 200 metri più su» spiega Gianni Buzzi, vicepresidente dell’Enpa di Savona. «A molti turisti stranieri invece quel suono piaceva perché concilia il sonno». E comunque bastava aspettare qualche giorno. Finita la stagione degli amori, al ruscello sarebbe tornata la quiete.

Il fatto è che gli italiani, storditi e assordati dai rumori cittadini, ormai non riescono più a

Una cicala
Una cicala

convivere con quelli della natura, i rumori bianchi. Conferma Buzzi: «Quante chiamate riceviamo a inizio estate dai milanesi o dai torinesi che riaprono la seconda casa in Liguria e trovano sul balcone un nido di gabbiano». Anche lui dotato di ugola robusta, capace di strida acutissime. «Per evitare il peggio, spesso dobbiamo spostarli». La notte di Ferragosto una signora inquieta ha chiamato il commissariato di Tarquinia chiedendo un pronto intervento contro la cicala che friniva sull’albero di fronte alla sua finestra, denunciandola per disturbo della quiete pubblica. «Il nostro sistema nervoso si abitua ai rumori frequenti, li cataloga e noi di fatto smettiamo di ascoltarli», spiega l’otorino Massimo Delle Piane. «Quelli naturali ci sono diventati estranei, perciò ci allarmano e disturbano il sonno».
Secondo il professor Michelangelo Iannone, dell’istituto di Scienze neurologiche del Cnr, «nel caso della rana più che la frequenza probabilmente era la potenza del suono a dare fastidio». Ovvero i decibel sprigionati. «Nel nostro cervello, quando avvertiamo un rumore acuto, si attiva un meccanismo interno di allarme e si diffonde il monossido di azoto, un gas che ha un’azione eccitatoria e ci sveglia. Il gracidio o il canto di un gallo, per chi non è abituato a vivere in campagna, possono risultare inquietanti come un cane che abbaia o una sirena». Comunemente suoni come il vento o la risacca del mare sono considerati rumori «bianchi»: costanti, di sottofondo, favorirebbero il sonno. «Il verso della rana non rientra nella categoria. Noi ci addormentiamo con alcune frequenze, ma dipende molto dalla sensibilità soggettiva».

Un gruppo di rane (Ap)
Un gruppo di rane (Ap)

Assolve la specie Fulco Pratesi, presidente onorario del Wwf Italia: «La raganella verde è carina, il rospo smeraldino ha un trillo così bellino, la più rumorosa è la rana toro, ma non ce la vedo, vicino ad Alassio». Difende le voci agresti: «Io sto in campagna e tutte le mattine alle 4 c’è il gallo che canta, mi sveglia sì, però lo adoro» e condanna piuttosto «quelle moto orrende con la marmitta sfondata». I disturbatori della notte, elenca, possono essere le civette, gli allocchi, le tortore dal collare (quelle che fanno «uhh-uhh» vicino alle nostre finestre) e soprattutto, di mattina presto, i gabbiani. «Una vera piaga, di cui sono responsabile». Lo racconta spesso: «Era il 1973, trovai una femmina zoppa di gabbiano, che allora in giro non ce n’erano. La portai allo zoo di Roma, nella vasca delle foche. Si riprese. Un maschio di passaggio si innamorò e misero su famiglia».