ROMA – Triste record per l’Italia: è il Paese con l’aria più inquinata dell’Unione europea, quello che vanta il record delle morti per inquinamento atmosferico. E’ il quadro sconfortante tracciato dal rapporto La sfida della qualità dell’aria nelle città italiane, presentato oggi dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, think tank presieduto dall’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi.
L’Italia, si legge nel rapporto, ha circa 91.000 morti premature all’anno per inquinamento atmosferico (dati 2013), contro 86.000 della Germania, 54.000 della Francia, 50.000 del Regno Unito, 30.000 della Spagna.
Il nostro Paese ha una media di 1.500 morti premature all’anno per inquinamento per milione di abitanti, contro una media europea di 1.000. La Germania è a 1.100, Francia e Regno Unito a circa 800, la Spagna a 600. Dei 91.000 morti in Italia, 66.630 sono per le polveri sottili PM2,5, 21.040 per il disossido di azoto (NO2), 3.380 per l’ozono (O3), le tre sostanze più pericolose.
Per le PM2,5 si contano nel nostro Paese 1.116 morti all’anno per milione di abitanti, contro una media europea di 860. Le zone più inquinate sono la Pianura Padana (in particolare intorno a Milano e fra Venezia e Padova), poi Napoli, Taranto, l’area industriale di Priolo in Sicilia, il Frusinate, Roma.
Il rapporto elenca le cause di questo record poco lusinghiero: troppe auto private in circolazione e troppo vecchie, trasporti pubblici insufficienti, scarsa diffusione di veicoli elettrici e ibridi, caldaie condominiali obsolete e inquinanti, uso eccessivo di legna e pellet (che producono polveri sottili e benzopirene).
Il rapporto punta il dito anche contro un’agricoltura che produce troppa ammoniaca da concime e deiezioni animali (ammoniaca che reagendo con gli scarichi delle auto diventa particolato), e contro un’industria che ha ancora limiti di emissioni troppo bassi. In particolare il 35% delle PM10 di Milano viene proprio dalle coltivazioni.
La ricerca della Fondazione offre un decalogo di cose da fare. In primo luogo una strategia nazionale che sostenga i Comuni, che devono farsi carico della qualità dell’aria, ma possono intervenire solo sul 40% delle fonti di inquinamento. Puntare sulla prevenzione e non sull’emergenza e considerare tutti gli inquinanti, non solo la CO2. Poi riduzione delle auto private, investimenti sul trasporto pubblico urbano, incentivi ai mezzi elettrici e ibridi, una vasta campagna di rinnovo degli impianti di riscaldamento, una riduzione dell’uso delle biomasse. Infine, introduzione in agricoltura delle tecniche già esistenti per ridurre le emissioni di ammoniaca e limiti più stringenti alle industrie.