Meduse invadono il Mediterraneo: colonizzano i mari scaldati dai cambiamenti climatici

di Veronica Nicosia
Pubblicato il 23 Maggio 2011 - 13:52| Aggiornato il 1 Agosto 2011 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Le meduse stanno colonizzando il Mediterraneo e gli oceani: resistenti al degrado delle acque, questi celenterati sono costituiti al 95 per cento di acqua e sopravvivono nutrendosi di placton in un mare sempre più povero di pesci, trovando nelle alte temperature degli oceani scaldati dal riscaldamento globale il proprio clima ideale. Questi invertebrati, che si spostano nelle acque adagiandosi sulle correnti marine, popolano stabilmente il mar Mediterraneo  sono responsabili di disagi di carattere economico, oltre che al fastidioso e a volte pericoloso effetto urticante. A preoccupare gli esperti è stato il proliferare di banchi di meduse che sempre più spesso finiscono nelle reti dei pescatori, sconfinando negli allevamenti ittici. Anche gli impianti industriali sono a rischio, quando le enormi masse dei banchi si introducono nelle condutture di raffreddamento degli impianti, come successe alla centrale nucleare giapponese di Hamaoka nel 2006, quando un banco di tali celenterati ne intasò i filtri. Purtroppo evitare questi inconveniente non è al momento possibile, perché non c’è modo di monitorare né il numero di meduse che costituisce il banco, né il loro spostamento, come ha spiegato il ricercatore presso l’Istituto di scienze marine del Cnr Mauro Bastianini: “mentre i pesci sono “osservabili” tramite speciali sonar, le meduse hanno praticamente la stessa consistenza dell’acqua e sfuggono alla maggior parte degli strumenti. Affidarsi agli avvistamenti diretti resta spesso l’unica possibilità”. Escluse le campagne di monitoraggio scientifico ai ricercatori non resta altro da fare che affidarsi all’osservazione diretta, coinvolgendo i cittadini nelle campagne di avvistamento, come ha spiegato Ferdinando Boero, docente all’università del Salento e ricercatore del Cnr, con il progetto “Occhio alla medusa”, promosso dalla Commissione del Mediterraneo e dalla rivista Focus, che dal 2009 “chiede a chi frequenta i amri italiani di inviarci un messaggio e una foto in caso di avvistamento. Quest’anno, grazie alla collaborazione con la Lega Navale, contiamo di ricevere dati anche dalle barche che navigano al largo”. La colonizzazione delle acque da parte di questi invertebrati è attribuita dagli esperti ad uno squilibrio ambientale, dove “in un ecosistema sempre più povero di pesci, il posto vuoto viene riempito dalle meduse”, ha osservato Boero. Un ecosistema in cui le meduse, che hanno ormai superato il numero di pesci, si nutrono non solo del placton, ma anche di piccoli pesci e delle loro uova, favorendo così una situazione già critica, come spiegato da uno studio pubblicato su Current Biology dall’università scozzese di Saint Andrews, secondo cui “il passaggio da un ecosistema ricco di pesci a uno ricco di meduse rischia di essere irreversibile, poiché le prime si nutrono delle larve dei secondi”. Anche i cambiamenti climatici hanno favorito il ribaltamento dell’ecosistema, fornendo alle meduse l’habitat ideale per vivere e allungandone la stagione riproduttiva, con la conseguente nascita di grandi colonie, mentre in passato le esplosioni di meduse avvenivano ogni 12 anni e il loro picco riproduttivo durava solo 4 anni. Ma il riscaldamento delle acque ha creato le condizioni ideali per un ciclo riproduttivo continuo,  i cui effetti sono ben visibili già da anni, come nel 2006 quando 12 milioni di tonnellate di meduse furono avvistate al largo della Namibia, o come il banco lungo 100 chilometri e largo 2 che bloccò un impianto di desalinizzazione in Israele lo scorso inverno.