Nucleare, il nodo della scelta dei siti

di Fedora Quattrocchi
Pubblicato il 18 Dicembre 2009 - 16:21| Aggiornato il 30 Dicembre 2009 OLTRE 6 MESI FA

Le frasi pronunciate dall’amministratore dell’Enel Fulvio Conti, come ad esempio «i siti dove sorgeranno le centrali nucleari in Italia li abbiamo già individuati, ma non li dico neanche sotto tortura» meritano una riflessione. «Aspettiamo l’imprimatur del Governo», aveva spiegato assicurando che il problema di eventuali proteste nei territori interessati verrà risolto «parlando con gli abitanti e spiegando bene il progetto con tanto di dati e di documentazione tecnica». Le caratteristiche di bontà dei siti nucleari (per centrali e per scorie) sono innanzitutto dettati da criteri geofisici (sismici innanzitutto, ma anche climatici, visto che le centrali abbisognano di tanta acqua nei pressi) e geochimico-idrogeologici (barriere geochimiche/idrogeologiche intorno ai fusti di acciaio-vetro borosilicato, reattività delle argille contenitrici). Al Convegno Ati (Associazione termotecnica italiana) è stato presentato pubblicamente nel luglio 2009 un confronto fra criteri di scelta di siti di stoccaggio di scorie nucleari ad alta attività, stoccaggio CO2, riserve strategiche di metano e geotermia: tali esigenze energetico-ambientali devono coesistere ed essere pianificate prima dell’installazione di impianti o di stoccaggi geologici.

Dopo tredici milioni di dollari spesi per il sito Yucca Mountains, negli Stati Uniti hanno dovuto abbandonare il sito deciso da loro per lo stoccaggio delle scorie nucleari, perché non avevano seguito criteri geochimici e sismotettonici adeguati, in cui noi italiani ormai siamo primi al mondo (tanto che tali laboratori hanno firmato un accordo quadro con noi). Non perché gli italiani sono più bravi: semplicemente perché qui c’è una geofisica e una geochimica più complessa e quindi una palestra di lavoro più efficace. Dal 1988 a oggi, gli ultimi esperti geochimici-geofisici che si laureavano presso centri-laboratori di eccellenza dell’Enea come la “Casaccia”sono tutti emigrati da quel centro e ben pochi sono rimasti in Italia, sparsi tra Ingv, Ispra, università, centri privati di ricerca, studi ingegneristici. Bisogna verificare se tutti questi centri specializzati sono stati già consultati dall’Enel per la scelta dei siti nucleari (e stoccaggio geologico scorie nucleari) vent’anni dopo. Chi ha svolto allora quella classifica dei siti?

Occorre anche che chi ha fatto la classifica sappia che, dal 1988 a oggi, il dipartimento di ingegneria nucleare (Dince) di Roma ha praticamente pensionato dei docenti e che, dallo stesso anno a oggi, sono state completamente ristudiate e spesso riclassificate da Ingv tutte le sorgenti sismogenetiche italiane. In più, dopo il terremoto dell’Aquila o dell’Umbria la ricerca sismotettonica dà molta più importanza alle zone di gap sismico (macchie sul territorio in cui tutto intorno vi è sismicità storica e ivi manca da tot anni, con massima probabilità quindi di evento sismico imminente) piuttosto che a quelle dove terremoti recenti sono già accaduti. Qualcuno ha fatto un censimento vero di quanti ricercatori ancora lavorano sul nucleare, delle risorse di cui si ha bisogno in termini di posti in pianta organica per raggiungere i numeri di “personale addetto” che ci sono in Francia, dove però i dati sismotettonici storici sono di fatto secretati? Per fortuna che la Francia è meno sismicamente attiva dell’Italia!

È stata quindi scelta l’Italia per capeggiare il Progetto Europeo Epos, dove quindi la Francia è di fatto mancante, per l’unificazione di tutte le reti sismiche europee, anche in base alla posizione dei segmenti sismogenetici, il cui catalogo più completo è ora quello di Ingv. Enea non ha sismotettonici e modellizzatori geochimici di argille in contatto con falde acquifere nelle vicinanze delle scorie, ma solo anziani geologi che usavano ancora i PC386 e le valvole per far girare i software. I vecchi esperti devono comunque essere affiancati da una generazione di nuove idee e aggiornati su quello che si svolge all’estero. A questo punto la parte geofisica/geochimica del problema scelta dei siti nucleari e sito geologico di stoccaggio delle scorie (che dopo 50 anni dall’uso devono comunque essere messe sotto terra) deve essere stata spostata su Ingv per quanto riguarda sottosuolo e su Ispra per la parte ambientale di superficie.

Ma il problema fondamentale è che le competenze e le responsabilità devono essere ben suddivise: sarebbe meglio che tutta la parte “sottosuolo” vada in competenza a un’unica istituzione. Altro problema è che tutti i tecnici Ispra si occupano giustamente di geochimica ambientale superficiale, mentre le scorie dopo 50 anni vanno in profondità e i sismi sono in profondità anch’essi. I pochi modellizzatori del sottosuolo precari, che stanno in Ingv, menti preziosissime, sono molto richiesti all’estero, e la pianta organica Ingv non viene aggiornata mentre si dovrebbe riflettere sull’utilizzo di amministratori pubblici inutili o tecnici privi di vera competenza. Il rientro dei fondi neri dall’estero potrebbe essere sfruttato per queste priorità.

Da quanto emerge da un sondaggio di Ispo sul “consenso al nucleare”, i cittadini ormai si fidano praticamente solo della ricerca pubblica per questo tipo di problematiche energetiche e possono anche essere favorevoli al nucleare ma certo non dietro casa loro; questo a causa di un lunghissimo processo di decadimento dei rapporti tra impresa privata e consenso del cittadino al suo operato, quando il privato ormai si impossessa anche della falde acquifere. In fondo Enel è co-partecipata dal Tesoro e si dirà: è mezza pubblica.

Potrebbe verificarsi un vero e proprio “armageddon”, con tanto di interrogazioni parlamentari sul conflitto di interesse pubblico-privato e la chiusura del libero mercato, la non pari opportunità sugli incentivi e l’aggiudicazione di bandi pubblici. Molto più opportuno sarebbe lasciar parlare chi i siti per centrali nucleari e scorie nucleari li sceglie a suon di pubblicazioni internazionali referenziate. Il consenso pubblico si ottiene con la trasparenza, la chiarezza e un riconoscimento internazionale della “scelta dei siti”, qualsiasi essi siano, aprendo gli archivi dei dati ai cittadini, incentivando i loro figli a prendere facoltà di ingegneria energetica. Non solo marketing e communication: non c’è più niente da mercanteggiare e comunicare se non vi è energia pulita, come nucleare di IV generazione, carbone pulito con cattura e stoccaggio di Co2, rinnovabili e dispositivi efficienti energeticamente. Ma per tutto ciò servono ricercatori pubblici e non conflitti d’interesse fra mezzi pubblici e privati.