Olio di palma Malesia: nel 2015 Italia ha raddoppiato import

di Edoardo Greco
Pubblicato il 4 Dicembre 2015 - 06:50 OLTRE 6 MESI FA

KUALA LUMPUR (MALESIA) – L’olio di palma farà anche male ma al settore agroalimentare italiano non dispiace affatto. Sono infatti raddoppiate in Italia nel 2015 le importazioni di olio di palma dalla Malesia. Tra gennaio e ottobre, infatti, in Italia sono arrivate 307 mila tonnellate di olio malese, contro le 184 mila tonnellate dello scorso anno.

La fonte della notizia da Choo Yuen May, direttore generale dell’agenzia governativa Malaysian palm oil board (Mpob), che si occupa della parte industriale del prodotto di punta del Paese che rappresenta il 13% del Pil dopo petrolio ed elettronica. Le piantagioni ricoprono il 16% dei 33 milioni di ettari di superficie facendo della Malesia il secondo produttore ed esportatore al mondo dell’olio vegetale.

La Malesia vanta il 25% di olio di palma certificato dall’organizzazione internazionale Rspo (Roundtable on Sustainable Palm Oil), che garantisce la sostenibilità di tutta la filiera; e questo in termini di salvaguardia delle foreste, tutela della biodiversità, condizioni di lavoro e qualità del prodotto.

La Malesia è leader mondiale nella produzione di olio di palma responsabile e di qualità – spiega Yusof Basiron, ad dell’Malaysian Palm Oil Council (Mpoc), l’altra agenzia governativa che si occupa della promozione e commercializzazione – che dimostra come a oggi vi sia consapevolezza presso i retailers italiani delle buone pratiche vigenti in Malesia e dell’impegno dei produttori malesi ad investire nella sostenibilità e nella ricerca”.

L’Italia importa 1,6 milioni di tonnellate di olio di palma, di cui il 21% è destinato all’alimentare e di questo l’11% all’industria del dolce. Ma se l’Italia è un Paese virtuoso dove il 70% dell’olio acquistato dalle aziende alimentari è certificato, non tutti lo sono. Il problema denunciato dai produttori malesi è che si riesce a vendere solamente il 50% di olio Rspo che ha dei costi di produzione più alti, ad un prezzo che remuneri la certificazione. Il resto deve essere venduto ad un prezzo più basso, competitivo con gli altri paesi produttori che non certificano il loro olio.